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Apr 07 #MOTORLAND-SE NON PARTONO I GRAN PREMI LA F.1 RISCHIA IL FALLIMENTO

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L’emergenza Coronavirus è piombata come una mannaia sul collo della formula 1. Se i gran premi non dovessero partire almeno in Canada, la situazione del mondiale delle ruote scoperte sarebbe estremamente compromessa e Liberty Media, proprietaria del Circus, rischierebbe di dover chiudere i battenti. E con essa, a meno di interventi eccezionali, diverse scuderie.
Il fondo FWONK, quotato alla borsa di New York indice Nasdaq, è passato in due mesi da un massimo di 48 dollari per azione a poco più di 27, addirittura recuperando qualcosa dopo aver toccato un minimo di 20 dollari: una perdita, in altre parole, di 3,6 miliradi di capitalizzazione. Quando nel 2016 Liberty Media acquistò il pacchetto F1 da Bernie Ecclestone per circa 9 miliardi di dollari, si impegnò a pagare anche il debito, quasi metà della cifra totale. Per ripagare il debito, Liberty Media avrebbe dovuto incassare 350 milioni di dollari annui, raggiunti facilmente l’anno scorso. Ma la crisi mondiale dovuta al Coronavirus non dà per niente la garanzia di incassi identici: corse cancellate, organizzatori senza biglietteria e senza sponsor, squadre senza diritti Tv e senza sponsor costringono la formula 1 a vivere nell’incertezza totale e, di conseguenza, a tirare la cinghia: anche perché il Patto della Concordia, che scade quest’anno e che prevede il 67 per cento degli incassi ai teams, non è stato ancora rinnovato. La soluzione, se si dovesse partire in Canada saltando 8 dei 22 gran premi in calendario, sarebbe quella di continuare a correre sino al febbraio 2021, con l’accordo di far slittare la nuova regolamentazione dal 2021 al 2022, perché non avrebbe senso rifare le monoposto senza poi le prove invernali.
Come dicevo, la situazione delicata di Liberty Media si riflette anche sulle squadre. Nel 2019 la società americana ha incassato 2 miliardi di dollari di cui 1,350 è andato come premi alle dieci scuderie. Une divisione fatta con 30 milioni fissi per ciascuna scuderia e il resto da spartire secondo la classifica costruttori. Visto che l’incasso di quest’anno potrebbe ridursi anche del 50 per cento – fra ingaggi e sponsor che non potranno patrocinare più la formula 1 perché dovranno gestire una difficile ripresa economica – i piccoli team si ritroveranno ad avere in cassa la metà, e magari anche meno, dei 130-150 milioni che ogni anno ricevono e spendono dai proprietari della F.1.
Un tempo a salvare le piccole squadre da situazioni difficili interveniva Ecclestone a dare una mano. Ma il popolare Bernie aveva dalla sua l’esperienza e gli incassi di decine di anni mentre Liberty Media, società americana, opera nel mondo della formula 1 solo da tre stagioni. Nell’ambito del Circus, in queste ore, circolano indiscrezioni sul possibile arrivo di una cordata che comprenderebbe in prima persona Ecclestone, che a 90 anni è ancora sorprendentemente attivo, e Flavio Briatore e come partner di lusso Lawrence Stroll, padre dei pilota Lance, che ha un accordo con Aston Martin per far entrare in F1 la grande marca britannica; e Michael Lafiti, padre di Nicholas pilota della Williams, che ha attività commerciali di prim’ordine e ha investito 270 milioni nella McLaren.
Insomma, una nuova organizzazione se Liberty Media dovesse cedere il pacchetto della F.1, che comprenderebbe anche Toto Wolff, già uscito dalla Mercedes perché non d’accordo con il nuovo presidente, e Jean Todt al quale a fine anno scade il mandato di presidente Fia. Ma la partita da giocare non è semplice, perché il nemico è subdolo. E, soprattutto, è invisibile.

 

 

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