A fine agosto la domanda rimbalza tra chi parte e chi resta è “Ma a Milano c’è gente?” . Chi rientra in città subito dopo ferragosto si gode il silenzio, le strade vuote, i negozi chiusi. I parcheggi sono il vero metro con cui si misura se il rientro è al completo, quando tornano a scomparire e le code in tangenziale rispuntano puntuali allora vuol dire che Milano è pronta a ripartire. E lo fa di colpo, come se qualcuno avesse schiacciato il tasto “play” dopo un lungo stop. Gli eventi mondani, lasciati in stand by con il fatidico “ne riparliamo a settembre” ora si accavallano in un’agenda che sembra non avere più spazi vuoti. E così la risposta diventa chiara: si c’è gente a Milano, forse troppa, penso sempre che tornino di più di quelli che sono partiti.
Una volta tornavo dalle vacanze con la voglia di ricominciare, quasi stanca di stare al mare o di viaggiare, desiderosa di rientrare nei ritmi della mia routine milanese. Quest’anno proprio no e queste temperature autunnali, il sole che tramonta presto mi lasciano tanta malinconia, salutare il mare e i ritmi lenti che fanno sembrare ogni giornata più leggera mi è costato molto.
Tutti torniamo con una valigia di ricordi, belli ma a volte brutti nel caso di chi non si è trovato bene nel resort che aveva prenotato oppure con la compagnia che aveva scelto per la vacanza.
La mia compagnia è stata quella di una famiglia allargata con quattro figli dai 16 ai 23 anni che, a turno, hanno portato amici e fidanzati. Il mio ruolo era quello di fare da mangiare e organizzare, il mio compagno era il capitano della nave ( in senso stretto…) e quello che li coinvolgeva nelle attività sportive. Siamo arrivati ad essere in 8 più il cane. Per questo ho chiesto agli amici di BYD se mi lasciavano in prova per il mese di agosto la Tang, un modello completamente elettrico con 7 posti.
Si è trattato per me della prima esperienza con una macchina completamente elettrica e vi dirò che ho avuto un po’ d’ansia all’inizio soprattutto perché dovevamo fare diversi km avendo deciso di recarci da casa mia nel sud della Francia a Barcellona, per fare tre giorni on the road e andare nella movida spagnola.
Pro e contro? Ve li dico subito: l’auto è super , pensate che addirittura ha le poltrone integrate con il massaggiatore dorsale, ha il purificatore d’aria ionizzante, mille optional che hanno intrattenuto la gang durante il viaggio e, nota fondamentale, una capacità a pieno carico di quasi 500 km, perciò alla fine devi fermarti per fare la ricarica veloce solo una volta. Il problema sono appunto le ricariche, che in autostrada sono velocissime ( in 20/40 minuti massimo facevo il pieno d’energia) ma nei parcheggi in città sono lente e spesso occupate. Inoltre occorre considerare che ogni gestore è diverso e quindi bisogna caricare l’app, mettere tutti i dati …insomma uno sclero … in Italia anche in autostrada molti Autogrill sono sprovvisti e quindi al rientro ho perso un’ora per trovarne uno! Come si può pensare di voler incrementare l’elettrico senza fare delle stazioni facili, semplici e veloci? Questa è la vera sfida che spetta alle case auto e al nostro governo.
Per “staccare” ho fatto, come molti, un sano digital detox, ma grazie a colleghi sempre attivi ho potuto notare che il mondo della moda si è diviso tra: Grecia ( i più riservati) Pantelleria ( quelli che si gli piace il lato selvaggio ma non vogliono perdere i contatti), la Puglia ( per i milanesi che vogliono ritrovarsi tra trulli e mercatini).
Il disagio di quando la gente della moda si insedia nelle località di villeggiatura è che i prezzi salgono. I cosiddetti “modaioli” scoprono un borgo autentico, mare cristallino, masserie con i muri scrostati dal sole, prezzi umani e atmosfera genuina. Poi ecco spuntare i primi editoriali, i servizi fotografici, le stories patinate. I ristoranti diventano “concept”, le case dei pescatori diventano boutique hotel e il chioschetto sulla spiaggia che vendeva panini al polpo ora propone ceviche gourmet a 30 euro.
La moda non porta solo glamour, ma anche una bolla di prezzi che cresce insieme agli hashtag. Il celebre Club55 di Saint Tropez ad esempio da posto chic dove ti buttavi sul materasso a terra e se volevi mangiavi qualcosa nel ristornante è diventato un covo di “parvenue”, di persone che cercano visibilità una attaccata all’altra, anche al ristorante dove per quel che si paga vale veramente zero.
Ma oggi “l’esperienza esclusiva” non giustifica tutto, le persone non sono più sprovvedute, si confrontano, leggono le recensioni e quando realizzano che un cocktail non vale 20 euro solo perché è servito in un bicchiere instagrammabile, semplicemente smettono di tornare.
Gli stabilimenti italiani deserti dimostrano che il “freghiamoli finché dura” non è cosa! La gente si accorge che li freghi e quindi se ne va. Le mogli dei calciatori forse sono ancora quelle che non badano a spese, devi trovare una come Wanda Nara che, come ha mostrato in una puntata di MTV Cribs Italia, ha una collezione di It Bag infinita: Hermes, Chanel, Balenciaga, LOUIS VUITTON “Se mi piace un modello lo prendo di tutti i colori!” dice la ex signora Icardi e mostra con orgoglio il suo trofeo (altro che Champions!) una Hermes Birkin Himalaya stimata intorno ai 300.000 euro. Ma vogliamo parlare dell’anello di fidanzamento di Georgina Rodriguez? Sfido chiunque di voi a dirmi che non lo avete notato …. un diamante ovale da circa 35 carati, stimato intorno ai 5 milioni di dollari donato dal suo Cristiano Ronaldo, alcune fonti riferiscono che le abbia regalato anche una Porsche e due orologi di lusso. Anche Taylor Swift si è fidanzata ed è pronta alle nozze con il suo Travis Kelce che le ha regalato un favoloso diamante dallo stile antico che hanno progettato insieme, caratura compresa tra i 7 e i 10 carati, valore stimato 550.000 dollari.
Guardate io non nutro invidia, sono felice per loro perchè voglio dire non sono mica due sfigate…ma quanto mi piacerebbe ricevere un brillante così!
A Forte dei Marmi so che ci sono numerose signore benestanti che si fanno regalare gioielli dai loro mariti, amanti o compagni durante le vacanze. Con la scusa che spesso restano sole con i pargoli durante la settimana il marito “con il portafoglio” sgancia regali a gogo, spesso suggeriti dalle amiche. Sono finiti i tempi della Capannina, il celebre locale che dal 2026 sarà firmato Giorgio Armani, un gesto simbolico dello stilista che ha voluto fare un omaggio al passato e alla tradizione italiana, anche perché qui negli anni ’60 aveva incontrato il suo storico socio Sergio Galeotti. Forse questo nuovo capitolo tra memoria e modernità servirà a sottolineare che Forte dei Marmi non deve diventare la Milano cafona e che in tutte le cose occorre preservare l’equilibrio, accogliere il glamour senza soffocare la sua autenticità.
Troppo spesso si tende a cancellare il passato senza portare rispetto, senza pensare alle conseguenze. Mentre ero in Francia ho saputo che Marineland ad Antibes ha chiuso definitivamente il 5 gennaio di quest’anno in seguito all’entrata in vigore di una legge francese che vieta gli spettacoli con cetacei. Al momento della chiusura, nel parco, si trovavano ancora migliaia di animali tra cui le orche Wikie (23 anni) e suo figlio Keijo ( 11 anni) entrambi nati in cattività. Da allora le due orche, insieme a 12 delfini, sono rimasti nelle loro vasche, abbandonate e ricoperte d’alghe. Le immagini girate da droni mostrano un quadro desolante e si richiede un’intervento urgente.
In quelle immagini ho trovato tutto il paradosso del nostro tempo: abbiamo messo fine agli spettacoli con i cetacei ma non ci siamo chiesti fino in fondo che ne sarebbe stato di chi quel passato l’ha subito. Cancelliamo per sentirci migliori senza costruire alternative. Un copione che conosciamo bene, che accade su scala drammatica nei teatri di guerra di Gaza e Ucraina. La vera civiltà non è dire mai più, ma assumersi la responsabilità di ciò che resta e di chi è protagonista involontario di scelte altrui. Perché la guerra non finisce quando smettiamo di parlarne.
Ma non volevo rattristarvi, anche se la fine dell’estate è sempre un po’ triste, e nel nuovo anno lavorativo che parte oggi ci sentiremo un po’ più soli senza Donata Sartorio, una grande giornalista che ha ricoperto ruoli di Fashion Director in alcune delle testate più autorevoli. E’ stata anche nella giuria dei CHI E’ CHI AWARDS, amavo il suo stile personale, la sua eleganza e quei capelli sempre voluminosi che le incorniciavano il viso. E’ stata una figura rara e lucida nel mondo della moda: mai incline al clamore, sempre fedele al suo gusto e al senso profondo dell’eleganza.
Rientrare in città è anche questo, fare i conti con la memoria per chi c’è ancora e per chi, pur non essendoci più, continua ad abitare i nostri ricordi.