Auto

Ott 09 ATTENDIAMO IL VERO SALONE DI GINEVRA

di Paolo Ciccarone

Una delle rassegne fieristiche più importanti della regione del Golfo Persico è senza dubbio il contest Beauty Camel, che si svolge a Dubai e raccoglie oltre un milione e mezzo di visitatori ogni anno, provenienti dagli stati confinanti della penisola arabica. La scelta del cammello più bello, che deve seguire precisi dettami di eleganza, qualità e stile, è una tradizione che appassiona al punto che si organizzano anche corse di cammelli con grande successo di pubblico. In Europa le principali attrazioni erano i saloni dell’auto, dove si ammirava lo stile, la tecnologia e la passione per i motori. Adesso immaginate di portare il Beauty Camel in Europa e attrarre gli stessi visitatori che la visitano in Medio Oriente. Una follia, direte. Infatti, a livello globale il mercato dei cammelli vale percentuali molto piccole in tema di mobilità animale, oltre che allevamenti a livello planetario. Lo stesso vale per le quote di mercato esistenti da quelle parti. Ovvero, se in Italia piangiamo miseria perché sono state vendute circa 1,3 milioni di auto, a fronte dei 2 milioni del passato, con una popolazione stimata di circa 60 milioni di abitanti. Ovvero solo l’Italia ha una popolazione complessiva superiore a quelle messe insieme di Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Uniti, Bahrain e Arabia Saudita che non arrivano a 58,2 milioni (dati dicembre 2021) distribuiti su una superficie complessiva che è 10 volte quella dell’Italia. Parliamo di oltre 3 milioni di km quadrati contro i poco più dei 300 mila della nostra nazione. Eppure questo è il mercato più ambito a livello mondiale per una serie di motivi. Acquirenti con potenziale ricchezza per prodotti alto di gamma (vedi supercar e suv di lusso), ma soprattutto una disponibilità di energia necessaria al movimento delle auto. Un mercato piccolo di numeri, grande per il fatturato. E in piena transizione energetica, a Doha è andato in scena il salone dell’auto di Ginevra. Ovvero, invece che portare in Europa il Beauty Camel, abbiamo portato nel Golfo Persico uno dei principali avvenimenti del nostro mondo industriale. Fatte le debite proporzioni, ma soprattutto i dati di mercato, appare evidente che siamo di fronte a una rivoluzione che parte dalla disponibilità economica dei locali e dalla invasione industriale dei cinesi. Cosa se ne fanno nel Golfo Persico di super car o suv da 5700 cc motori V8? La stessa cosa che potrebbero farsene di una vettura elettrica. In fondo, con tutto il deserto a disposizione, mettere un impianto fotovoltaico per la produzione di elettricità, è un gioco da ragazzi. E infatti a Dubai è sorto quello che è il più grande impianto al mondo e molto presto arriveranno gli altri Paesi confinanti. Quindi da un lato hanno già in mano il mercato dell’energia derivata dai fossili, benzina e gasolio, dall’altra stanno investendo nella produzione di energia elettrica. E il quadro diventa completo. Manca un tassello: le auto. E qui arrivano i cinesi con prodotti già fatti e questo spiega gli investimenti che vengono fuori da questo salone. CYVN Holding ha investito 700 milioni di euro in Nio, acquisendo il 7 per cento con un fondo di investimento di Abu Dhabi. Il PIF, il fondo investimenti Arabia Saudita, ha investito 5 miliardi di euro in Human Horizons che produce vetture con marchio HiPhi e via di questo passo, con fabbriche che stanno per sorgere nella regione, finanziate dai locali ma in partnership con aziende cinesi in vista di quella transizione al 30 per cento del mercato globale elettrico previsto nel 2030 dal governo saudita. E qui torniamo ai numeri di prima. Perché per quanto siano cifre impressionanti, per quanto si parli di investimenti miliardari, poi alla fine il mercato locale è di molto inferiore a quello italiano, le cifre assolute sono decisamente inferiori e con previsioni che forse raggiungeranno i nostri numeri. Ma fanno tendenza e mostrano come oltre al mercato dell’energia tradizionale nella zona si vuole essere leader anche di quella rinnovabile e dei mezzi per sfruttarla. E noi felici e contenti, come Europei, di essere andati a portare la nostra fiera del cammello in Qatar, dimenticandosi che le occasioni e possibilità che offrono questi mercati, coi loro soldi, i loro investimenti e le loro fabbriche future, si giocheranno sulla nostra occupazione, sui nostri acquisti e sulla loro gestione che dipenderà in toto dalla Cina per i mezzi e dagli stati locali per l’energia, come se il passato non avesse inventato niente. Il baricentro si è spostato: è stato nelle mani europee e poi USA per oltre due secoli, adesso il futuro è questo e guarda a oriente.

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