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Mar 17 #CALCIOLAND – IL CORONAVIRUS MANDA LA SERIE A SULL’ORLO DEL BARATRO ECONOMICO

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Il fermo della serie A sta procurando danni economici notevoli ai club. Danni che si potrebbero trasformare in disastro se il campionato non riprenderà fra tre o quattro settimane. La Serie A, come tutto il mondo dello sport, è ferma e lo stop forzato del campionato mette a dura prova i bilanci delle società: come evidenzia Repubblica questa mattina la Serie A perde 750 mila euro al giorno.
Lo scenario appare piuttosto nero. Il bilancio complessivo della stagione 2018-2019 si è chiuso con un passivo di 274 milioni di euro (a fronte di un -65 milioni della stagione precedente). A maggio Sky, Dazn, Rai e Img dovrebbero versare gli ultimi 340 milioni di euro dei diritti tv nelle casse dei club. Ma siccome le partite non si giocano i pagamenti potrebbero essere sospesi. Danni enormi arrivano anche dalla vendita dei biglietti a botteghino: la perdita è stimata in 150 milioni, ai quali occorre aggiungere circa 200 milioni dalle sponsorizzazioni, per un totale di quasi 690 milioni.
Il futuro, al momento, non è delineabile: l’unica certezza è che la lega di Serie A proverà in tutti modi di portare a termine il campionato. Perché in caso di sospensione i tifosi potrebbero chiedere il rimborso delle quote abbonamento delle partite non disputate (ma ci sono tessere che non ammettono, per contratto, la restituzione del danaro in caso di non gioco); le televisioni richiederebbero alcune tranche dei diritti, e lo stesso vale per gli sponsor.

Insomma, il calcio italiano vive vicino all’orlo di un baratro tremendo. Sarebbe facile, adesso, dare la colpa ai club che, per farsi concorrenza sul mercato dei cartellini, hanno forzato gli ingaggi dei migliori giocatori del mondo. Se si pensa agli 80 mila dollari che guadagnavano Gianni Rivera, Sandro Mazzola o Gigi Riva nel Milan e nell’Inter degli anni d’oro, e li raffronta con i tanti milioni netti annui che percepiscono numerosi calciatori, ci si potrà rendere conto del perché, adesso nell’emergenza, il calcio rischia davvero il fallimento.

 

VALENCIA, NOVE FRA GIOCATORI E DIRIGENTI CONTAMINATI, ATALANTA IN QUARANTENA

 

C’è grande paura al Valencia. Il club spagnolo ha fatto sapere che il 35% del gruppo (non solo calciatori, ma anche membri dello staff) che il 19 febbraio scorso ha giocato a Milano contro l’Atalanta per l’andata degli ottavi di Champions finita 4-1 per i nerazzurri bergamaschi, è risultato positivo al test del Coronavirus. Per quella partita, la Uefa aveva autorizzato l’ingresso del pubblico e a San Siro, stadio dove è stata disputata la partita, c’erano oltre 30 mila tifosi arrivati da Bergamo, città diventata oggi la più contagiata del nostro Paese.«Nonostante le rigide misure adottate dal club — è scritto in una nota del club — dopo aver giocato una partita di Champions League a Milano, un’area confermata ad alto rischio dalle autorità italiane giorni dopo, gli ultimi risultati mostrano che l’esposizione legata alle partite ha causato circa il 35% dei casi positivi».

Ora, per voler dare informazione corretta, bisogna anche aggiungere che a Valencia è stato registrato il primo morto spagnolo per Coronavirus il 13 febbraio, sei giorni prima della partita. Si potrebbe, allora, anche ipotizzare che i tifosi valenciani possano aver contagiato i tifosi bergamaschi con i quali sono venuti a contatto e i giocatori del Valencia quelli dell’Atalanta che, infatti, ha messo in quarantena la squadra.

La nota del Valencia  aggiunge poi: “Sono tutti casi asintomatici e tutti i contagiati si trovano nei propri domicili con monitoraggio medico e misure di isolamento, e realizzano con tranquillità il piano di lavoro preparato per loro”. Nei giorni scorsi il club aveva annunciato i contagi dei giocatori Garay, Gaya e Mangala, del dottor Aliaga e del team manager Camarasa. Ora ci sono altri nove casi, anche se non sono più stati fatti i nomi. Quello che preoccupa, oltre naturalmente all’epidemia interna, è che il Valencia, dopo la partita di San Siro, è andato a giocare a San Sebastian, ha giocato in casa col Betis, ha viaggiato a Vitoria (città con un alto numero di contagi) e poi ha affrontato di nuovo l’Atalanta a porte chiuse al Mestalla.

 

 

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