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Apr 16 #CALCIOLAND- LE TANTE PRETESE E LE POCHE SICUREZZE DEL CALCIO ITALIANO

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Sembra che il presidente della Federcalcio, Gravina, non sia più in grado di resistere alle pressioni dei presidenti della serie A di calcio che vogliono la riapertura a fine maggio. Anche se Gravina ha dichiarato all’Ansa che “per far ripartire il calcio in sicurezza è fondamentale in questa fase mettere a punto le migliori procedure possibili per riprendere l’attività quando ripartirà tutto il Paese. Lavoriamo senza fretta, ma senza sosta per farci trovare pronti quando le istituzioni ci daranno il via. Il protocollo prevede una serie di prescrizioni e raccomandazioni per l’individuazione e la conservazione di un ‘gruppo squadra’ formato, oltre che dai calciatori, anche dallo staff tecnico, dai medici, dai fisioterapisti, dai magazzinieri e dal personale più a stretto contatto con i calciatori, che risulti completamente ‘negativo'”.

Già il protocollo. Un insieme di prescrizioni che sembrano fatte apposta per consegnare lo scudetto alla Lazio e dare alla Juventus o al Napoli il contentino della Coppa Italia. E vediamo il perché. Nei prossimi giorni, la FIGC sottoporrà al Ministro della Salute Speranza e a quello dello Sport Spadafora la versione definitiva di questo protocollo di sicurezza per la ripresa dell’attività agonistica per la Serie A, col via libera agli allenamenti previsti per inizio maggio e i primi impegni ufficiali che sarebbero disputati nelle giornate del 27-28 maggio. La Lega ha suggerito l’idea di ricominciare con le semifinali di ritorno di Coppa Italia Juventus-Milan e Napoli-Inter – al 7 giugno. Un impegno in più per due delle squadre che lottano per lo scudetto con la Lazio.

La prima fase prevede che dovrà essere approvato per primo il programma di ritorno sui campi di allenamento e nei centri sportivi. Per fine aprile, sono previsti 3-4 giorni di screening, con doppio tampone ravvicinato per calciatori e staff, un test molecolare rapido, esami sierologici, analisi cliniche complete e prelievi del sangue. Per le analisi dei tamponi, ci si dovrebbe appoggiare a strutture convenzionate con le regioni. E qui le prime osservazioni. Per riprendere un’attività non basta certo fare test a giocatori e staff, ma anche a tutto il personale che ruota all’interno di uno stadio di calcio e dei centri sportivi delle società, per chi non ce l’ha al personale dell’albergo dove le squadre e i loro staff verranno alloggiati. In altre parole migliaia di persone le cui analisi andrebbero a gravare le strutture delle regioni che hanno il loro da fare per effettuare i controlli sulla cittadinanza, soprattutto per lo screening che dovrà stabilire chi sono le persone munite di anticorpi al Coronavirus.

Terminati comunque gli esami, la prima fase degli allenamenti avverrebbe in gruppi separati, partendo dal presupposto di seguire piani differenziati per i giocatori che hanno contratto il virus e sono guariti, per coloro che risultano ancora positivi e per quelli che non sono mai stati infettati. Soprattutto nella prima settimana, è previsto comunque che tutti si allenino individualmente e che il distanziamento sociale sia rispettato nei minimi termini. Siccome, poi, medici autorevoli hanno dichiarato che un tampone oggi negativo può essere positivo domani non si avrebbe, dunque, mai la certezza di avere in campo giocatori privi della possibilità di contagiare o di essere contagiati se non effettuando tamponi o prelievi ogni mattina prima di allenamenti e partite. In questo periodo di allenamento, dice infatti il protocollo, diventa fondamentale la possibilità di effettuare controlli e tamponi costanti, in modo che eventuali casi di nuove positività vengano prontamente isolati dal resto del gruppo. E qui altre migliaia di controlli. Andiamo avanti a scoprire perché ho ventilato la possibilità che la ripresa sia tutta a vantaggio della Lazio.

Superata la prima settimana, gli allenamenti tornerebbero ad essere svolti nella maniera consueta, con gruppi sempre più allargati e per un periodo di quasi totale isolamento dal mondo esterno, visto che le squadre svolgeranno un periodo di ritiro di 3-4 settimane, blindate nei rispettivi centri sportivi per chi dotato di foresteria, in albergo per gran parte delle società di Serie A. Al termine di ogni giornata di lavoro, i luoghi frequentati da calciatori e staff saranno sistematicamente sottoposti a sanificazione. Soltanto dopo che saranno stati approvati tutti questi punti, sarà possibile passare alla fase 2, ossia alla pianificazione del ritorno negli stadi, con l’ipotesi di percorsi differenziati per ogni squadra e strategie ad hoc per spostamenti e organizzazione delle trasferte.

Su questo fronte, c’è un nodo che rischia di creare malumore da parte di qualche società, visto che non si può escludere che, per ragioni di sicurezza, Governo e FIGC possano decidere di non far giocare nelle zone e nelle città maggiormente colpite dal virus, quindi Milano, Torino, Bergamo e Brescia, richiedendo ai club interessati di giocare in campo neutro. Un’eventualità che non sarebbe gradita a Juventus, Inter e Milan mentre favorirebbe, con eventuali partite all’Olimpico, al San Paolo o a Firenze, Lazio, Napoli e Roma. Non ci sarebbe, insomma, equilibrio neppure a porte chiuse.

Il presidente del Brescia, Massimo Cellino, è uno dei sostenitori dello stop al campionato. Ed è subito stato accusato di tenere quella posizione per evitare al Brescia la retrocessione. “Io a Brescia ho paura anche ad uscire in giardino – dice Cellino –  e vi auguro di non vivere mai con il Covid-19. Nelle altre parti d’Italia non se ne rendono conto. A me non frega niente di andare in Serie B, ci vado anche domani mattina e senza fare causa a nessuno”. E aggiunge: “Come si fa a giocare a giugno o luglio, quando i bilanci e i contratti chiudono a giugno? I calciatori riprendono senza un giorno di vacanza? Così si strappano tutti”.

Ma il calcio vuole tornare a giocare, costi quel che costi. Ci sono milioni e milioni in ballo da pagare ai giocatori, ci sono i diritti Tv e i procinii degli sponsor da incassare. Rinunciare fa male? E allora certi personaggi pensino a quanto hanno rinunciato le famiglie dei morti e quelle dei futuri disoccupati. E facciano un bell’esame di coscienza.

 

 

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