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Apr 30 #CALCIOLAND-SEMPRE FORTE LA TENSIONE FRA FEDERCALCIO E MINISTRO SPADAFORA

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Gabriele Gravina, presidente della Figc, sta conducendo una campagna piuttosto rude contro il governo sulla ripresa del campionato di Serie A. Durante il meeting online dell’Ascoli Calcio “Crescere insieme”, Gravina ha parlato del possibile stop del calcio italiano: “Non ho solo un piano B in caso di stop definitivo del calcio. Il mio senso di responsabilità mi porta ad avere un piano B, C e D. Ma se esso deve far rima con ‘è finita’ dico che, finché sarò Presidente della Figc, non firmerò mai per il blocco dei campionati, perché sarebbe la morte del calcio italiano”.
In giornata, su LA7, il Ministro Spadafora aveva ammesso che “la ripresa del campionato di calcio sinceramente sembra un sentiero sempre più stretto, la ripresa degli allenamenti, che auspichiamo, non significa la ripresa del campionato. L’appello da fare alla Lega calcio di Serie A, che nei prossimi giorni tornerà a riunirsi, è di cominciare a pensare a un piano B, perché le soluzioni possono essere tante”. Ieri Spadafora, intervenendo a Mi manda Rai3, ha parlato della ripresa del calcio italiano. «In questi giorni il Comitato tecnico scientifico sta incontrando le varie componenti del mondo del calcio – ha detto – , non solo la Figc, per avere approfondimenti sul protocollo presentato. Se verrà trovata una sintesi tra il Comitato e la Federcalcio gli allenamenti potranno riprendere e ciò avrà una ricaduta positiva anche sulla possibile ripartenza del campionato. Se la sintesi non verrà trovata sarà il governo a decretare, per motivi di evidente emergenza sanitaria, la chiusura del campionato anche creando, nei limiti del possibile, le condizioni affinché il mondo del calcio paghi meno danni possibili. In questo caso il governo si assumerà la responsabilità della decisione. Bisogna lanciare un appello anche alla Serie A per finire qui polemiche e scontri. Perché il calcio deve essere anche in questo momento simbolo di leggerezza e passione».

Gravina non vuole accettare un’ipotesi di chiusura: “Io sto tutelando gli interessi di tutti, quindi, ripeto, mi rifiuto di mettere la firma a un blocco totale, salvo condizioni oggettive, relative alla salute dei tesserati, allenatori, staff tecnici e addetti ai lavori. Ma qualcuno me lo deve dire in modo chiaro. Vi immaginate quanti contenziosi dovremmo affrontare in caso di stop? Chi viene promosso? Chi retrocede? Quali diritti andremo a calpestare? Tutti invocano il blocco, lo faccia il Governo, ce lo imponga, io rispetterò sempre le regole. Ogni giorno devo rintuzzare attacchi e la gente non capisce o fa finta di non capire. Ribadisco ancora una volta il concetto: io la firma su un blocco del campionato non la metterò mai”.

Certo, la chiusura del campionato, e il fatto che Dybala dopo 40 giorni sia stato trovato sempre positivo al Covid-19 non aiuta certo il presidente federale, provocherebbe un terremoto nel mondo del calcio professionistico. Ma la salute, diciamolo francamente, viene prima dei milioni dei calciatori e dei loro club. “Con la chiusura totale – dice Gravina – il sistema perderebbe 700-800 milioni di euro. Se si dovesse giocare a porte chiuse la perdita sarebbe di 300 milioni. Se si ripartisse a porte aperte la perdita ammonterebbe a 100-150 milioni, anche se quest’ultima ipotesi non è percorribile. Dobbiamo fare una riflessione: non è il caso di fare una riforma, intesa come modalità di sviluppo sostenibile e non solo per quanto riguarda il format playoff/playout? È questo il tema su cui dobbiamo concentrarci: siamo gli unici in Europa ad avere cento squadre professionistiche le quali non si possono più sostenere”.
Il presidente dell’Assocalciatori, Damiano Tommasi, ha polemizzato a Tutti Convocati su Radio 24 sulla possibilità di ripresa con i canoni stabiliti dal governo: “La responsabilità è il discrimine forse di alcune risposte incomprensibili. Andare a correre nel parco non è un allenamento da professionista. Vorremmo capire se c’è possibilità di allenarsi individualmente su un campo sportivo più grande, sono scelte subordinate alla responsabilità delle strutture e a un protocollo che noi chiediamo. Non mi risulta ci siano protocolli validati su altri sport individuali. Il protocollo per il 18 maggio non è ancora validato e deve essere rivisto, su questo siamo preoccupati: se non è ancora pronto sarà difficile pensare di tornare agli allenamenti di squadra.”.

Anche il dottor Enrico Castellacci, presidente dell’Associazione medici di calcio,  parlando a Radio Bruno ha messo un pizzico di peperoncino nella questione “ripartenza della serie A”: “La prudenza del governo è stata un po’ eccessiva: non capisco come non si possano fare degli allenamenti individuali in un campo di calcio che venga frazionato. Avete presente quanto è grande un campo di calcio? Se uno lo fraziona, con tempi diversi, e con uno dello staff per ogni giocatore, accadrebbe la stessa cosa che se uno si allenasse in un parco o in un giardino. Questa cosa mi ha lasciato interdetto. Da un punto di vista generale io non posso pensare che un giocatore professionista non si alleni più, nel senso che possa passare tre-quattro mesi senza allenamenti. Io non entro nel merito di ricominciare o meno il campionato, questo non possiamo valutarlo noi. Ma vedo tante note pessimistiche, segno che non si vuol rischiare di veder riaccendere l’epidemia che metterebbe in ginocchio più di quanto lo sia già il nostro Paese”.

Ascoltate tutte le campane, mai ferme nel suonare, mi sembra che sull’argomento si tiri molto la corsa, in ogni direzione. Le cose per me sono semplici e, sugli allenamenti, sono d’accordo col dottor Castellacci. Si dovevano concedere. Un altro paio di maniche è la ripresa del campionato. Come dicevo, l’esempio Dybala gioca a sfavore dei presidenti di serie A e della Federcalcio. Capisco che per le società le perdite sarebbero ingenti e che, per farvi fronte dovendo probabilmente rinunciare a tranche dei diritti TV e degli sponsor, dovranno ingaggiare una lunga battaglia con i giocatori, e i loro legali, sugli ingaggi finora percepiti. Il calcio, però, deve cambiare strada, il Coronavirus lo ha indicato con chiarezza. Non si potranno più pagare stipendi milionari ai giocatori, da più parti si sostiene che siamo in guerra e in tale situazione ci dovremo adattare facendo da soli, o quasi. Perché una partita di calcio non vale la vita dell’ultima riserva della serie C.

 

 

 

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