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Nov 23 CI SI SALVA COL VERO “SMART”

di Carlo Sidoli

L’epidemia del Coronavirus segnerà un punto di svolta nella storia dell’umanità perché molti e fondamentali saranno i cambiamenti che ne seguiranno. Tanto per fare degli esempi storici, le pestilenze ricorrenti portarono come conseguenza lo spostamento dei cimiteri all’esterno delle città e il colera, sempre latente, fece sì che le abitazioni progredissero fino ad avere un impianto idraulico e una stanza da bagno al loro interno e che le fognature fossero progettate per un corretto smaltimento e trattamento dei rifiuti. Oggi sono concetti base, divenuti ovvi per gli studi urbanistici territoriali e abitativi. Nel caso attuale, per evitare la prossimità tra le persone, che è la via più certa per la trasmissione del virus, ha avuto sviluppo su larga scala un nuovo sistema di comportamento individuale che finora era quasi un’eccezione; un esempio potrebbe essere il “fai da te” oppure l’acquisto da casa di oggetti e beni di consumo tramite le catene di distribuzione tipo Amazon ed eBbay. D’ora in poi il nuovo sistema non più circoscritto ad attività marginali potrebbe rappresentare uno dei cambiamenti più importanti conseguenti alla diffusione del Covid-19. Si tratta, per dirlo in parole povere e certo poco scientifiche, del “Fare da Casa”. Nel campo del lavoro viene spesso chiamato “smart working” anche se, per come stanno le cose, la definizione è inesatta. Non perché il lavorare o lo studiare a casa non sia “intelligente” (anzi, nell’immediato è la cosa più giusta da fare) ma perché così come lo si realizza oggi è solo un tipo di “remote working” (lavoro da lontano) e più precisamente uno “home working” (lavoro da casa). Per chiarire, lavorare da casa o da lontano per fare esattamente quello che si faceva quando ci si recava al lavoro (o allo studio o allo svago ecc.) ha un contenuto di utilità e di necessità, ma non è lo “smart” cui si deve tendere; è il lavoro stesso (o la didattica o la fruizione) che va pure lui riveduto e corretto per salire di livello e sfruttare appieno il nuovo metodo “intelligente”. Estendendo il concetto a livello planetario, sbaglia chi spera e si augura che dopo la pandemia tutto torni come prima, perché se così fosse, ci troveremmo ancora esposti ai pericoli che stiamo correndo. Un concetto di sviluppo “smart” deve avere caratteristiche elastiche, cioè essere in grado di capire con buon anticipo quando e perché cambiano le condizioni, e di reagire in senso migliorativo; in gergo si dice che il sistema deve essere adattativo e “antifragile”. Nella pratica, un sistema sanitario “intelligente” del nuovo tipo dovrà evitare che i primi malati di pandemia siano trasferiti nei ricoveri per anziani, stanti le incognite sull’evolversi della malattia. Riprendere come prima vorrebbe anche dire che si accetta (o si auspica) di andare avanti nel peggioramento del surriscaldamento globale, della deforestazione, dell’inquinamento atmosferico, del suolo e marino e delle catastrofi naturali, che poi tanto naturali non sono perché hanno origine dal nostro modo inadeguato di comportarci o di prevederle. Nel campo della mobilità, in conseguenza della pandemia, i criteri della guida automatica, del trasporto pubblico e del “car sharing” andranno riveduti e, ad esempio, la “sanificazione” dei veicoli potrebbe diventare una pratica comune e obbligatoria, da eseguirsi in ambienti simili a quelli degli autolavaggi di tipo “self”. Significativamente, nel campo della vendita delle vetture nuove, solo il comparto delle elettriche e delle ibride a tecnologia avanzata, tipo “plug in”, segna un trend positivo. Com’è prevedibile, le nuove regole del “dopo Covid-19” incontreranno molte difficoltà a essere accettate e applicate da tutti i Paesi, a conferma degli egoismi e degli interessi specifici che hanno sempre caratterizzato i rapporti tra le nazioni e anche al loro interno. Eppure, a ben vedere, il virus non ha fatto eccezioni, ha superato confini e sbarramenti e se è possibile scorgerne una collocazione geografica, lo si è visto infierire più o meno intensamente in relazione al livello d’inquinamento delle zone contagiate, tra cui purtroppo è in evidenza, in negativo, la Pianura padana.

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