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Mar 05 DAZI: LA MOSSA DI TRUMP

di Bianca Carretto

Quella che pareva una minaccia, anzi, tanto da non essere presa troppo sul serio, è stata messa invece in atto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump: i dazi doganali del 25% sulle importazioni provenienti dal Messico, dal Canada e dalla Cina,  sono entrati in vigore martedì  scorso. Molti industriali americani stanno cercando di opporsi , ma Trump  è andato avanti sulla sua strada, neppure intimorito  di provocare  una grande guerra commerciale, una vera doccia fredda per il settore automobilistico. Tutte le  maggiori case costruttrici hanno  installato stabilimenti proprio in Messico tanto che il 13% del Pil messicano dipende dall’automobile e oltre il 70% delle vetture e dei componenti vengono inviati direttamente negli Usa.  Queste tasse  riguardano quasi il 45%  di tutte le importazioni americane, con l’introduzione dei dazi sui prodotti europei, la percentuale raggiungerà il 60%, significa, nello stesso tempo, secondo i maggiori analisti,  un rallentamento importante della crescita economica negli Stati Uniti. Pur non parlando ancora di recessione della prima economia mondiale, la probabilità è aumentata, fortunatamente la ricchezza delle famiglie e i risparmi accumulati  proteggono  ancora il paese. Il primo a pagarne duramente le spese è stata Stellantis che, nello stato  dell’America del Sud, produce diversi marchi, tra cui Jeep, ha chiesto che qualsiasi decisione presa che coinvolge direttamente l’industria, deve includere un periodo di tempo adeguato  per dare modo di adattarsi. Stessa preoccupazione espressa  da Ford e da General Motors  e da tutte le società della componentistica che ribadiscono di  rispettare gli accordi di libero scambio  tra Stati Uniti, Messico e Canada ( il primo accordo risale al 1965) che prevedono di essere esenti dai dazi doganali, per cui  non accettano di vedere minata  la loro competitività. Queste imposte rischiano di scavare un’ enorme voragine  nel tessuto industriale americano “ come non si è mai visto sinora”, ha dichiarato Jim Farley, il ceo di Ford. Minacciano di rallentare gli investimenti nel territorio Usa, amputeranno i profitti e si  teme, in particolare, di vedere i prezzi delle auto salire in modo spropositato, da 4mila sino a 12mila euro, diminuendo  così la domanda, l’attività delle fabbriche, riducendo i posti di lavoro. Uno shock che può essere  confrontato alla stessa portata di quanto avvenne durante l’epidemia del Covid.  Sia in Nord America che nell’Unione Europea che ha  definito  la decisione  americana “ ingiustificata”, le strutture si basano  su organizzazioni regionali e l’idea che possano ritornare ad essere nazionali – come vuole Trump – va contro ad un periodo di storia formato da anni, in tutto il mondo.  Il Canada è stato il primo a reagire – ha parlato  di guerra commerciale – annunciando che  verranno applicati dazi doganali del 25%  su circa 155 miliardi di dollari di merci statunitensi importate da  Ottawa.

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