Auto

Mag 22 …ERA SUFFICIENTE APRIRE I CASSETTI PER SALVARE L’ALFA…

di Bianca Carretto

Era l’inizio del 2018 quando il designer Umberto Palermo presentò ad Alfredo Altavilla, allora capo di Fca Emea, una proposta di stile legata al suo progetto Alfa Mole Costruzione Artigianale, con l’intento di portare avanti le gesta del brand italiano. Era necessario  costruire sulla base di una Alfa 4C  il futuro del marchio del Biscione, Altavilla lavorò a lungo – toccava a lui seguire tutta l’evoluzione del piano –  affiancato dalla sua squadra per smussare, limare le linee, senza nulla togliere alla sportività dei tratti, insieme a Palermo cercava i segni  più distintivi che potessero identificare  il marchio e generare le quattro auto che ne sarebbero conseguite, tra cui la nuova Giulia. Tre anni prima, Sergio Marchionne aveva annunciato  5 miliardi di investimenti  per Alfa Romeo, di cui uno immediatamente collocato per realizzare una piattaforma dedicata, un programma in cui si sentiva particolarmente implicato, anche moralmente, un disegno sicuramente aggressivo poiché voleva arrivare, nel 2018, a 400mila unità vendute, accompagnando così l’Alfa negli Stati Uniti e in Cina ma conservandone la produzione in Italia. Dopo aver coinvolto lo stabilimento di Cassino, aveva già pensato di far partecipe del piano, Mirafiori e Pomigliano. Desiderava, nuovamente, rendere l’Alfa un oggetto di desiderio, un’etichetta premium, avvicinandola a Maserati, per costituire, all’interno di Fca, un polo del lusso, pur conservando ad ognuna, entità e caratteristiche. Il clima all’interno del gruppo era di grande eccitazione, il manager parlava di “ integrazione culturale”, scuoteva le coscienze credendo, dopo la fusione con Chrysler, con cui riuscì a finanziare la ripartenza delle fabbriche italiane, a dare corpo al suo sogno, la rinascita del Biscione. In pochi ricordano che  Marchionne, a 14 anni era emigrato dall’Abruzzo al Canada, consolidando una forte volontà di affermazione, toccando direttamente il cambiamento della società e, proprio in Torino, vedeva le capacità per riportare all’eccellenza la storia industriale, riconosciuta nel mondo, della città della Mole ma spaziava in ogni impianto, lungo tutto lo Stivale. Quando Altavilla, l’unico dirigente in grado di salvare Fca, dopo la morte di Marchionne, senza fare nessuna fusione, gli presentò i vari disegni, trovò immediatamente il suo consenso, quelle immagini segnavano una linea continua, un percorso che trascinava con se non solo il logo, ma rafforzava l’identità e i valori dell’Alfa Romeo. Se esiste ancora la volontà di farla sopravvivere, è sufficiente aprire i cassetti, nel momento stesso in cui le auto iconiche non esistono più, il B suv, prima chiamato Milano, poi sostituito in Junior, non decolla e la 33, assemblata in soli 33 esemplari, dall’anima bugiarda, è semplicemente una Maserati MC 20 mascherata. Palermo potrebbe mettere le mani al suo studio, affinandolo e aggiornarlo, da cui risorgerebbe una vettura simbolo, battezzata, in questo caso, Sergio.

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