Francesco Vezzoli, uno dei maggiori artisti italiani contemporanei che unisce classico e pop, ha presentato la sua ultima opera tra classicismo, identità fluida e provocazione: Ebermés. La scultura inedita rinnova la riflessione dell’artista sul potere delle immagini e sulla riscrittura della memoria collettiva attraverso l’arte. La presentazione è stata fatta presso Bernini Gallery a Milano, uno spazio espositivo dedicato al design storico con una selezione che include pezzi unici e Limited Edition.
Ebermés nasce dall’accostamento di due elementi scultorei di origine diversa: un corpo acefalo ispirato all’Ebe di Canova – dea della giovinezza e coppiera degli dei – e una testa barbuta di origine romana del II secolo d.C., appartenente a un satiro. Il risultato è un’opera che mette in scena un dialogo visivo e simbolico tra femminile e maschile, giovinezza e maturità, grazia e disincanto.
“Ho operato nella modalità che mi appartiene – racconta Vezzoli – cioè compro dei reperti storici e poi li tengo con me e ci vivo. Poi decido di accoppiarli quando trovo il crochage giusto.”L’artista ha acquistato una copia dell’Ebe canoviana, nota anche per la presenza di una brocca che Canova volle dorata, a simboleggiare il nettare degli dei. Questo dettaglio suscitò polemiche e accuse di “caduta di stile” da parte dei critici dell’epoca.“Fu proprio questo aspetto della storia dell’Ebe che mi ha affascinato – spiega Vezzoli – che anche il dio del Neoclassicismo potesse subire le reprimende dei critici del suo tempo. Io ho vendicato il lavoro di Canova mettendo sulla brocca tantissimo oro, in modo che riluccicasse molto”.Con Ebermés, Francesco Vezzoli continua a unire classico e pop, dotta citazione e irriverenza contemporanea. L’opera diventa una scultura-manifesto sulla fluidità dell’identità, sulla possibilità di riscrivere il passato e sull’atto artistico come gesto di libertà.