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Nov 02 GP MESSICO: IL COMMENTO

di Paolo Ciccarone

La corsa in Messico? Una processione noiosa con qualche sprazzo di inutilità. D’altronde, a Città del Messico, la festa di San Giuda Taddeo prevede proprio una lunga processione, così come la sera del 29 ottobre per celebrare i Defunti, con altari improvvisati qua e là agli angoli delle strade, una lunga fila di centinaia di migliaia di persone ha invaso il Paseo De la Reforma. In circuito, invece, Max Verstappen ha vinto senza nemmeno trovare il traffico tipico cittadino e ha ottenuto la 14.vittoria stagionale, nuovo record assoluto di successi in una stagione. Ma è anche vero che più gare ci sono e meno senso hanno questi record. Detto questo, per capire il perché di uno svolgimento di gara senza fronzoli, resta da capire come mai la Ferrari, che era partita a inizio anno alla grande è poi man mano scivolata fra problemi di motori (rotti a metà stagione), assetti da rivedere (a partire dal GP del Belgio di fine agosto) e qualche incidente qua e là di Leclerc e Sainz, con il monegasco che era anche in testa alla gara. In Messico il copione è stato rispettato alla grande con l’aggravante che i rivali della Mercedes, che per tre quarti di campionato erano dietro e di molto, tutto a un tratto si sono messi ad andare e fra USA e Messico sono finiti davanti alle rosse. Ad Austin c’è stata almeno la consolazione della pole position di Sainz, in Messico le rosse sono state inesistenti nella lotta al vertice. In qualifica si sono beccate sei decimi, in gara il confronto a tratti è stato imbarazzante: a parità di gomme con la Red Bull si perdevano fra i 6 e gli 8 decimi, con le gomme medie rispetto a Mercedes e la stessa Red Bull anche un secondo e tre decimi al giro! Alla fine soltanto i primi sei hanno concluso a pieni giri, ma con Leclerc, sesto dietro al compagno Sainz, il distacco è stato di oltre un minuto e 4 secondi. Lo spagnolo, tanto per capirci, si è beccato 56 secondi da Verstappen ma il campanello d’allarme sono gli oltre 30 secondi presi dalla Mercedes di Hamilton! Capire il perché diventa difficile anche davanti alle bocche cucite di Maranello, che evitano di parlare e se lo fanno spiegano poco. Ci mancherebbe, non devono spiegazioni a nessuno, ma se poi uno fa una analisi in base agli elementi che possiede, non può essere accusato di aver sbagliato tutto visto che non arriva nessun aiuto per capire. Di certo c’è che una Red Bull costante su tutti i circuiti e in tutte le situazioni, fa riscontro una Mercedes che nelle ultime corse ha ritmo di gara superiore alla Ferrari e, esclusa la pole di Austin, anche in qualifica. Ad attenuare il tutto c’è la consapevolezza che la Ferrari sta provando qualcosa per la prossima stagione, a livello di motori e particolari vari. Non è detto che debbano andare bene per forza in macchina, ma servono per capire e analizzare in che direzione si va. Di certo Leclerc, dopo il botto del venerdì, la qualifica lenta rispetto a Sainz e una gara in cui dal compagno perdeva dai due ai quattro decimi al giro, non è sembrato quello di una volta. Cosa è mancato? A fine stagione faremo un punto, di certo lo sviluppo tecnico non è stato al livello dei rivali. Forse colpa del budget cap, la limitazione delle spese, ma anche gli altri non è che siano rimasti con le mani in mano a guardare il soffitto. Ragion per cui probabilmente si è partiti con un ottimo progetto, studiato nel corso delle due stagioni deludenti, e poi arenatosi per vari motivi durante l’anno. Infatti più che parlare della gara, la già citata lunga sfilata interrotta solo dal ritiro di Alonso al 65.giro, per cedimento del motore della sua Alpine, e unico capace di dare un po’ di pepe alla corsa, c’è stato il tempo per guardare indietro e preoccuparsi (per la Ferrari) in vista del prossimo anno. Perché prendersi un minuto di distacco a fine stagione quando il minuto, o quasi, lo beccavano gli altri a inizio campionato, pone dei grossi interrogativi che qualcuno dovrà risolvere.

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