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Apr 06 GRAVINA, IL PRESIDENTE DEL BUON SENSO

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In una situazione mai vista né vissuta prima, c’è un uomo che cerca di tenere a galla una barca tanto preziosa quanto difficile da governare. Questa barca si chiama “Calcio”, e il suo capitano è Gabriele Gravina. Il presidente della Federcalcio in questo momento si trova in mezzo a tutto, ruolo scomodo ma che sta portando avanti nel migliore dei modi.

Perché si parla, si dice, si ipotizza e, purtroppo, si litiga. Ancora, nonostante l’emergenza mondiale.

Se da un lato il mondo del calcio, inteso come squadre e grandi campioni, si sta prodigando per donare a ospedali, medici e operatori ciò di cui c’è maggiormente bisogno (mascherine e ventilatori), dall’altro l’istituzione calcio non sta facendo affatto una bella figura, almeno a giudicare dagli ultimi eventi.

Il nodo stipendi, in particolare, non è ancora risolto, tra società che vorrebbero bloccarli per tre o quattro mesi e l’associazione calciatori che prende tempo, si trincera dietro un “dobbiamo valutare” e mostra il suo lato peggiore.

Per non parlare dei presidenti, divisi una volta ancora, con il fronte di quelli che gridano “annulliamo tutto” e quelli del “si giochi a tutti i costi”.

E in mezzo, di nuovo, c’è sempre lui, il presidente federale, costretto per ruolo a tenere le distanze, a non prendere posizioni rigide o assolutiste, a mediare con diplomazia tra gli opposti schieramenti.

E Gravina lo sta facendo bene, concedendosi alla stampa, spiegando e dibattendo, ma soprattutto cercando di portare avanti una linea a tutela del prodotto calcio.

La premessa “si giocherà quando il governo darà il via libera” è ovvia e scontata, e questo ormai lo hanno capito tutti. Ma Gravina sta andando oltre, lavorando e studiando ogni possibile soluzione. Perché sa che il calcio è la quinta industria del paese, quella che produce l’1% del Pil nazionale, una multinazionale travestita da gioco. No, il calcio a certi livelli non è solo un gioco, ma una filiera lavorativa preziosa e da proteggere, ruolo che il numero 1 di via Allegri sta interpretando con equilibrio e attenzione.

Ecco allora che Gravina parla della necessità, fino a quando sarà possibile, di prevedere una ripresa del campionato, anche a costo di giocare a luglio e agosto, di chiedere deroghe sui contratti e di accorciare la pausa estiva per riprendere prima possibile il prossimo torneo.

Perché portare a termine la stagione vuol dire limitare i danni economici (annullando tutto, invece, si rischierebbe un buco di circa 700-800 milioni di euro), ridare respiro non solo alle grandi società, ma anche a cascata a tutti gli altri, dal momento che la Serie A garantisce risorse vitali per tutti, dalla Lega B alla Lega Pro, fino ai dilettanti.

L’unico a saperlo sembra essere Gravina, presidente del buon senso.

 

 

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