Auto

Giu 05 IL LINGUAGGIO DEL CORPO

di Paolo Ciccarone

Quando gli occhi dicono tutto. Bastava mettersi fuori dai garage del circuito di Barcellona e aspettare che uscissero i piloti. Bastava guardare l’espressione di Leclerc, il volto di Sainz, basta sentire il loro respiro e, nel frattempo, osservare sul podio gli occhi di Verstappen o Hamilton o Russell, i primi tre, per capire le differenze di animo e prospettive. Da un lato, una conferma con una Red Bull che domina e di cui non si è ancora capito il vero limite, visto che nessuno l’ha avvicinata. Dall’altra la gioia del duo Mercedes, che hanno visto come il lavoro di sviluppo stia andando nella giusta direzione. E poi il confronto coi due ragazzi della Ferrari. Quinto e undicesimo in classifica, quasi peggio del 2020, 2021 e di anni indietro. Dodici mesi fa, su questa pista, cominciava il declino della rossa, che seppure in testa alla gara vide esplodere il motore. Da quel momento in poi, un calo continuo, sfociato poi nella macchina attuale, “la più veloce di sempre” come disse orgogliosamente l’AD Benedetto Vigna. Uno bravissimo nel suo campo, meno ferrato in F.1 e facile all’ottimismo di chi, per non perdere il posto, gliela deve aver raccontata in qualche modo, esponendolo oggi a battute e critiche. Insomma, mentre gli altri progrediscono, macinano successi e trionfi, a Maranello non se ne viene a capo. E il clima non è dei migliori. Ad esempio, uno dei tecnici motoristi, Cortesi, ha lasciato la compagnia attratto dalle sirene Audi, altri sono in McLaren e qualcun altro ancora in attesa di definire il passaggio nell’orbita Red Bull. Figure di vertice del muretto in trattative con altre squadre. E a Maranello gli unici arrivi sono di secondo livello. McLaren prende Rob Marshall, il capo dei tecnici Red Bull, prende David Sanchez dalla Ferrari, altri arrivi sono in programma, e si lavora serenamente. A Maranello ne arriva uno di secondo piano dall’orbita Red Bull e l’accoglienza non è delle migliori, subito messo in un angolo ed oggetto di battute per l’altezza fuori dall’ordinario. Segno che si sta seguendo la strada sbagliata, infatti non sono i singoli da prendere, ma un gruppo (magari ristretto) che possa interagire e non essere subito emarginato dai “vecchi” che, costume tipico nostrano “Adesso vengono loro a spiegarci come fare…”. E’ un pantano che domenica dopo domenica rischia di essere sempre più torbido, perché le gare sono talmente vicine che difficilmente può cambiare qualcosa. E chi deve dirigere la baracca deve trovare le giustificazioni adeguate, cercare di serrare i ranghi e non far cadere in depressione l’unica cosa certa di oggi. I piloti, coi loro limiti, incertezze, ma in prima fila a lottare col coltello fra i denti sperando di cambiare un destino che dopo la Spagna appare sempre più inesorabile. “La Ferrari? Semplicemente subisce troppa pressione e sbaglia. Lasciatela lavorare, non sono molto lontani da noi”. Lo dice Adrian Newey. Un signore che concede l’onore delle armi, o il tecnico che ha visto che, in fondo, qualcosa di buono c’è e che non va sprecato?

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