Moda

Apr 30 L’ APPLAUSO

di Cristiana Schieppati

L’applauso è uno dei gesti umani più antichi e universali. Banalmente ridotto a un semplice battere le mani, in realtà racchiude un complesso intreccio di significati culturali, sociali ed emotivi. Esso esprime approvazione, entusiasmo, rispetto, ma anche ironia o dissenso, a seconda del contesto.

Nel mondo contemporaneo, l’applauso si è trasformato e adattato ai nuovi media. Oltre ai teatri e ai concerti, lo troviamo in programmi televisivi, in eventi sportivi, nei social network sotto forma di like e reaction. È diventato anche un segnale di coesione civile: basti pensare agli applausi collettivi durante i lockdown della pandemia, quando le persone uscivano sui balconi per ringraziare medici e infermieri. Una forma di linguaggio non verbale, significa che qualcosa ha toccato la tua anima anche solo per un istante.

In una piazza San Pietro gremita e silenziosa, il battito delle mani si è alzato come un’onda: un applauso collettivo, spontaneo, laico. È il saluto più umano che si possa offrire a chi parte: non una formula sacra, non un canto antico, ma il gesto più semplice e universale. Così, anche nell’addio al Papa, l’applauso è diventato un nuovo linguaggio del raccoglimento, capace di superare dogmi e confessioni, legando credenti e non credenti in un’ultima, vibrante carezza. Enrico Mentana nel suo commento in diretta durante il funerale di Papa Francesco l’ha definito “il saluto laico”, una forma di omaggio priva di riferimenti religiosi.

Ho analizzato attraverso i social i giudizi su questo Papa, il più aperto rispetto ai suoi predecessori. Celebre la frase che disse nel 2013 “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà chi sono io per giudicarla”, frase che aveva mostrato apertura e accoglienza verso le persone LGBTQ+, senza tuttavia cambiare la posizione ufficiale della Chiesa.

Il Papa, figura di fede ma anche di immagine, è da sempre anche un simbolo visivo per questo per ricordarlo ho voluto pubblicare sui miei social la foto creata dall’AI in cui a Papa Francesco veniva fatto indossare un avvolgente Moncler bianco. Qualcuno si è sentito offeso da questa mio post, hanno commentato che non era opportuno, trovavano irrispettoso rappresentare una figura spirituale e simbolo della sobrietà cristiana con un capo alla moda, che richiama lusso e vanità, ritrarlo come un’icona fashion poteva apparire una distorsione dei suo messaggio e del suo impegno. Invece per me era stata un’immagine che rappresentava un ponte tra tradizione e innovazione, umanizzava la figura papale, lo avvicinava al linguaggio visivo delle nuove generazioni, una Chiesa più vicina alla vita quotidiana e al linguaggio della gente.

La moda, intesa nel suo senso più ampio di linguaggio del corpo e del colore, trova un’espressione peculiare proprio nei paramenti papali. Il bianco candido della veste quotidiana, emblema di purezza e semplicità, contrasta con il rosso cardinalizio delle cerimonie solenni – colore del sacrificio e della regalità. L’oro dei paramenti liturgici, invece, parla di eternità e di gloria divina. In questi codici cromatici si intrecciano secoli di tradizione, teologia e, in fondo, anche una certa estetica che sfiora l’arte sartoriale.

Proprio come nella moda la scelta del colore definisce il messaggio di una collezione, così nel rituale ecclesiastico il colore dei paramenti segna il tono spirituale di una celebrazione. Bianco per la gioia della Pasqua, rosso per il martirio, viola per il lutto e l’attesa. È un codice silenzioso, comprensibile a tutti, capace di comunicare senza bisogno di parole, un po’ come l’applauso che ha salutato il Papa nel suo ultimo viaggio terreno: un gesto umano, universale, profondamente visibile. Nel suono delle mani che battevano, c’era tutta la gratitudine, la memoria e persino la bellezza di un rito laico che, senza volerlo, si è trasformato in una liturgia contemporanea. E anche in quell’applauso, come in un capo d’alta moda, c’era la cura per il dettaglio, la forza del simbolo, la dignità di un commiato che non chiede parole, ma emozioni condivise.

Filippo Sorcinelli, artista e stilista italiano, ha avuto un ruolo significativo nel plasmare l’immagine liturgica di Papa Francesco. Fondatore dell’Atelier LAVS (Laboratorio Atelier Vesti Sacre), Sorcinelli ha creato numerosi paramenti sacri per il Pontefice, a partire dalla Messa di inizio pontificato nel 2013. Le sue creazioni si distinguono per l’ispirazione medievale e l’uso di simbolismi profondi, riflettendo la sobrietà e l’umiltà che caratterizzavano Papa Francesco.
Per la sepoltura di Papa Francesco, così come avvenne per Papa Benedetto XVI, è stata scelta una mitra di Filippo Sorcinelli, realizzata per le passate celebrazioni liturgiche del pontefice. In lamina di seta bianca, è bordata con una passamaneria tradizionale oro, in osservanza delle regole liturgiche per le sepolture dei papi.

“Papa Francesco è stato un uomo sorprendente e coerente per la scelta – non rivoluzionaria – di una sobrietà di linguaggio e di presenza. Ha applicato in maniera personale quello che già il Concilio Vaticano II aveva delineato: l’idea di “nobile semplicità”. Nel mio intervento stilistico per Papa Francesco, ho tenuto conto della sua provenienza geografica lontana dalle liturgie europee fortemente radicate sul solco della tradizione, e ho avuto l’intuizione che il periodo storico di riferimento per ispirarsi alle sue vesti sacre potesse essere quello medievale e in particolare degli affreschi di Giotto. Era la strada più giusta da percorrere, e credo che il pontefice abbia apprezzato. Non a caso questo stile è diventato di ispirazione e imitazione per tanti altri miei colleghi che producono paramenti sacri. Con Papa Francesco ricordo una Chiesa in cammino forzato, talvolta provocatorio, nuovo e con una prospettiva ancora sconosciuta. Sicuramente la sua morte non lascerà un’impronta, ma una grande cicatrice dove all’interno ci sono tanti valori e tante necessità su cui lavorare e discutere. Sono felice di aver potuto contribuire a questo, ma al tempo stesso la mia vita è messa in discussione. Credo sia arrivato anche per me un momento di profondo cambiamento. È bello lasciare un messaggio e guardare oltre quando la festa è ancora in corso”. così lo ricorda lo stilista.

Lo intervistai qualche anno fa subito dopo la pandemia (qui il link) in cui mi raccontò anche della linea di profumi che è nata dalla sua creatività e dalle esperienze nel mondo sacro “L’esperienza olfattiva è come un colore della mia tavolozza espressiva. I profumi sono nati inaspettatamente grazie ai paramenti sacri e oggi, a distanza di sette anni, ci sono diverse fragranze che descrivono tutta la mia vita. Come si progetta l’abito per un Papa? Un Pontefice è prima di tutto un Sacerdote, che per volontà sovrannaturali ricopre un ruolo di capo della Chiesa universale. Per questo motivo il suo abito differisce da tutti gli altri” mi raccontò.

Massimo Leonardelli invece è da sempre la persona giusta (per mille motivi), anche per chi vuole avere un contatto in Vaticano, credo per la vocazione sacerdotale che in gioventù l’aveva portato in seminario a Roma. Ricorda il Santo Padre così: ” L’aneddoto più forte che posso raccontarti è uno degli ultimi, quando siamo andati con To Get There ( la e.t.s fondata con Piero Piazzi) in udienza privata dal Santo Padre. Mentre gli stavo facendo vedere il progetto dell’Ospedale che abbiamo fatto per i bambini, gli ho detto che sarebbe stato chiamato con il suo nome e lui mi disse “mi raccomando scrivi solo Francesco, poi quando morirò scriverai in memoria di …”. Aveva una grande capacità di ricordare, due anni prima mi aveva chiesto attraverso il Nunzio Apostolico della Repubblica Centraficana se potevamo aiutarlo nella costruzione di un dormitorio e a distanza di tempo mi ha ringraziato per averlo realizzato. Era un uomo di una grande simpatia e una grande empatia, con la battuta sempre pronta ma sempre un’ironia intelligente, un grande uomo e sicuramente un grande Papa”.

La recente scomparsa di Papa Francesco ha suscitato numerose reazioni nel mondo della moda, riflettendo il profondo impatto che il suo pontificato ha avuto anche in questo settore.

Diversi stilisti e personalità del fashion system hanno espresso il loro cordoglio per la morte del Pontefice: Donatella Versace, Renzo Rosso, Anna Dello Russo e Brunello Cucinelli hanno condiviso messaggi di commiato, sottolineando l’importanza dell’insegnamento di inclusione e semplicità promosso da Papa Francesco. Anche celebrità internazionali come Whoopi Goldberg, Eva Longoria e Antonio Banderas hanno ricordato il Santo Padre con affetto, evidenziando la sua capacità di avvicinare la Chiesa alle persone comuni. In particolare il Papa ha sottolineato l’importanza di utilizzare la moda come strumento di pace, uguaglianza e inclusione e verso un’estetica più etica e responsabile.

Io sono Cristiana in tutti i sensi, sono andata a scuola dalle suore Orsoline, quelle in via Martignoni che ora non ci sono più e poi anche dai preti al Gonzaga, i fratelli delle scuole cristiane. Al mattino si andava in Chiesa a dire una preghiera affinché andasse bene l’interrogazione del giorno, ognuno aveva i suoi riti: chi si inginocchiava davanti al Signore Gesù, chi accendeva una candela o chi baciava i piedi della statua della Vergine Maria che schiacciava il serpente tentatore. Ho sempre visto i preti come delle autorità, anche se giravano poi delle voci su qualche “fratello” che aveva anche avuto dei figli. Per un po’ ho smesso di andare in Chiesa e di pregare, quando mia figlia Ludovica è nata con un problema cardiaco ero arrabbiata, ma subito dopo ho ritrovato fiducia e mi ricordo eravamo andati a Padova alla cappella di Sant’Antonio a pregare e mio padre era andato da Padre Pio a chiedere un miracolo. Nei momenti difficili si cerca conforto, protezione e anche i non credenti cercano speranza, una guida, un rimedio ai problemi che non trovano soluzione concreta. Rivolgersi ai santi , davvero o metaforicamente, resta uno specchio dei nostri limiti, ma anche della nostra capacità di credere che una via d’uscita, da qualche parte, esista sempre.

In questi giorni sono mancate anche due persone che mi aveva fatto conoscere Barbara Vitti. La prima è Anna Riva una vera protagonista della moda, nota per i suoi look e per l’immancabile cappello. In tanti l’hanno ricordata con affetto perchè è stata una mentore, una guida, una figura influente che ha aiutato e valorizzato nuovi talenti. Eva Desiderio l’ha ricordata così ” Ciao Anna, amica cara, affettuosa, sorridente, ironica, graffiante, delicata eppure forte come una quercia. Te ne sei andata in solitudine con i tuoi 90 anni pieni di lavoro bello e prezioso ma anche un carico di dolori come la scomparsa di tuo figlio“. Anche Giorgio Armani, di cui era grande amica ( una delle poche a trascorrere le vacanze nella villa di Pantelleria ) ha scritto un messaggio di ricordo ” Il suo punto di vista era sempre inatteso, stimolante, progressivo, era un vero dono”. Il mio abbraccio va a Paola Dorpinghaus che ha lavorato con lei a Condè Nast Germany ed erano sempre insieme e so che le voleva molto bene.

L’altra persona che è mancata è Paolo Rinaldi, anche lui giornalista che mi aveva presentato Barbara e che ho continuato a frequentare anche perchè abitava qui vicino a casa mia e spesso lo incontravo. Lo avevamo anche premiato con il CHI E’ CHI AWARDS, l’edizione del 2017 all’Acquario Civico di Milano, insieme a Beppe Fiorello. Era stato premiato per la sua newsletter Carnet de Notes che raccontava moda, design e viaggi. Antonio Mancinelli lo ha ricordato così ” Ogni sua frase sembrava uscita da un taccuino scritto tra un tè al bergamotto e un aeroporto lontano. Era un esteta, ma senza bisogno di farlo sapere“.

Ci sono persone che quando se ne vanno non fanno rumore ma lasciano una traccia profonda. Persone che sono state la spina dorsale silenziosa che ha illuminato il lavoro di un’intera generazione. La loro mancanza si avverte come un vuoto improvviso, sottile ma persistente e ci insegna il valore della misura. Non tutto ha bisogno di applausi per essere importante.



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