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Apr 20 LA SUPERLEGA SCATENA IL FINIMONDO

di Francesco Bonfanti

Superlega. In questo momento è la parola più nominata al mondo, persino più del Covid e dei vaccini. Tema dominante che da 48 ore a questa parte sta catalizzando l’attenzione di tutti, perché tutti ne parlano.

Dal presidente francese Emmanuel Macron al premier britannico Boris Johnson, dal nostro primo ministro Draghi al principe William, e via di questo passo, non c’è istituzione, Unione Europea compresa, che non sia stata coinvolta nel tema del giorno, forse dell’anno.

Perché, comunque vada a finire, quanto sta capitando è destinato a entrare nella storia. Lo hanno definito da “golpe calcistico” a “guerra dei ricchi”, il presidente della Uefa Ceferin addirittura “uno sputo sul viso di chi ama il calcio”. La Superlega ha scatenato un terremoto dalle proporzioni inimmaginabili.

Idea nata nelle segrete stanze di 12 club, i più ricchi al mondo (Atletico Madrid, Arsenal, Barcellona, Chelsea, Inter, Juventus, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Milan, Real Madrid e Tottenham), con l’eccezione di Bayern Monaco e Paris Saint Germain, che per ora non hanno aderito. Un’azione carbonara, con l’annuncio nella notte tra domenica e lunedì come fa chi sa di assestare un colpo basso. Non a caso, le parole più usate nei loro confronti sono state “tradimento”, “bugie” e “vergogna”.

Il mondo intero, calcistico e politico (forse la vera novità, perché mai prima d’ora le istituzioni non sportive si erano espresse in questo modo su un tema di loro non stretta pertinenza), hanno dato addosso ai 12 fondatori di questo progetto. Un progetto, è bene ricordarlo, che nasce dai debiti, perché tutte le squadre coinvolte hanno grandi nomi ma conti disastrosi, tante coppe quanti buchi finanziari. Ecco allora la loro idea: un club esclusivo finanziato da JP Morgan per portare in giro un nuovo carrozzone del circo, capace di arrivare ai quattro miliardi di fatturato da distribuire generosamente tra le privilegiate partecipanti. Perché quanto ricavato dall’attuale Champions non era sufficiente, causa ingordigia della Uefa che trattiene per sé buona parte dei guadagni.

Il tema più diffuso è stato quello della perdita totale del concetto di sport: ogni nazione rivendica le proprie favole calcistiche (dall’Atalanta al Leicester, giusto per citare gli esempi più ricorrenti), storie meravigliose che non sarebbero più possibili se la Superlega diventasse realtà. Sarebbe l’azzeramento totale del merito sportivo: gioca e guadagna chi ha più storia, blasone e numero di tifosi, non chi lo merita. Una follia, nata dalla spregiudicatezza di pochi che ha scatenato la reazione di tutti. In primis dei tifosi delle stesse squadre coinvolte, indignati di fronte a una simile prospettiva.

Le cause legali sono state già minacciate, e non potrebbe essere diversamente, perché è nei tribunali che finirà tutta questa storia, una storia destinata ad allargarsi se, come potrebbe, la Uefa passasse dalle parole ai fatti squalificando squadre e giocatori, addirittura fin da subito. Fuori dalla Champions a partire da settimana prossima, squadre estromesse dai rispettivi campionati e giocatori sospesi dalle nazionali.

Tutto, forse troppo.

Perché poi è bene farsi anche un’altra domanda: la Serie A senza Juventus, Inter e Milan avrebbe lo stesso seguito? Incasserebbe altrettanto (circa 900 milioni a stagione) da chi paga i diritti tv? Chi investirebbe su una Champions League o un Mondiale senza Messi e Ronaldo, senza Pogba e Benzema, senza Lukaku e Ibrahimovic?

Ecco allora che la questione potrebbe assumere presto toni diversi. In questo momento siamo nella fase del bianco o nero, dei piatti lanciati gli uni verso gli altri, delle grida cariche di rabbia (Agnelli è stato definito “bugiardo” e “serpe” dal presidente Uefa Ceferin, “Giuda” da quello del Torino Cairo). Poi, quando le acque si saranno calmate, le parti si riavvicineranno, come desiderato fin da subito dai 12 club ribelli, che nel fondare la loro Superlega hanno anche auspicato un dialogo con Fifa e Uefa. Che, per forza, dovranno sedersi a un tavolo e capire se e come sia possibile trovare un punto di incontro.

Così come è pensata, la Superlega non ha senso, un abominio sportivo contrario a ogni logica che si è tirato addosso le critiche trasversali da ogni dove. Qualcosa di riveduto e corretto, invece, potrebbe essere la soluzione di tutto. Perché, è doveroso ricordarlo, la Uefa che tanto si indigna è l’ultima istituzione sportiva a poter fare la morale, lei che ha creato e sbandierato il fair play finanziarlo per poi farlo applicare a macchia di leopardo, con figli e figliastri sparsi in tutta Europa.

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