Moda

Lug 02 L’ARCHIVIO DI GUCCI A FIRENZE: UN PATRIMONIO ITALIANO

di Cristiana Schieppati

Quando una Maison di moda investe nel custodire la sua storia, anche il patrimonio culturale del nostro paese ne trae beneficio. Da oggi il saper fare italiano della Maison Gucci è preziosamente conservato nel nuovo archivio in via delle Caldaie a Firenze. Una raccolta raffinata voluta e ideata dal Direttore Creativo Alessandro Michele che ne ha curato ogni dettaglio. “Il mio compito era quello di riportare a casa molti oggetti, come se li avessimo aiutati a tornare in famiglia. In un luogo dove apparentemente si conserva il passato, ma che in realtà è un ponte con il contemporaneo. Un palazzo antico è una cosa viva. Come la moda.” 

Ad ospitare tanta bellezza è Palazzo Settimanni, le cui tracce risalgono al 1400, che è situato nel quartiere di Santo Spirito nell’area detta “Oltrarno”, a sinistra del fiume. Qui si affollavano le attività artigianali e artistiche che già nel secolo successivo, in seguito al trasferimento a Palazzo Pitti della famiglia dei Medici, affiancarono residenze di famiglie aristocratiche che qui si stabilirono per costruire le loro fastose abitazioni. Il palazzo, nel corso del tempo, pur nella sua imponenza si è dimostrato struttura flessibile, disponibile ad aggiunte, frazionamenti, divisioni, passaggi di proprietà o utilizzi. Acquisito da Gucci nel 1953, ne è diventato parte integrante in senso fisico e metaforico. È stato fabbrica, laboratorio e showroom. Oggi, grazie al ripristino voluto e ideato dal Direttore Creativo Alessandro Michele, non è stato soltanto restituito alle qualità originali, ma è come se gli fosse stato concesso di raccontare la sua storia, di rivelare le sue molteplici identità, divenendo l’allegoria di un dialogo tra passato e presente, presupposti indispensabili del futuro. Lo sguardo del direttore creativo, in questo luogo, ha affiancato quello dell’archivista, dello storico, dell’antropologo, del letterato, dello psicoanalista, del filosofo, senza cesure nette, ma anzi disegnando cammini teorici ed esperienziali che oltrepassano la semplice dimensione espositiva. 

“Palazzo Settimanni, liberato dalle sovrapposizioni precedenti, si trasforma in un luogo magico a cui ho restituito porosità: ci si passa attraverso, entra l’aria, lo si può percorrere come fosse un viaggio. Io sono poroso, assorbente, permeabile.”, spiega Alessandro Michele.  “Ho restituito al palazzo quell’aura da favola che permette, per esempio, alla saletta dell’ingresso, di diventare un’entrata in una dimensione da sogno. L’ho pensato come un luogo un po’ segreto dell’azienda, un sancta sanctorum da dove si parte per le terre sante di Gucci.”

Una sede dal forte impatto che ha mantenuto un forte legame con il territorio affidando a maestranze locali tutti i lavori come le preziose mattonelle di cotto tipiche del saper fare fiorentino. L’archivio è suddiviso in stanze tematiche, il piano interrato nelle sale Radura (porcellane e oggetti per la casa), Herbarium (articoli da scrivania), Maison de L’Amour (oggetti per il tempo libero).  Al piano terreno trovano spazio le collezioni di borsetteria vintage (sala Hortus Deliciarum), la piccola pelletteria e le cinture vintage (sala Prato di Ganimede), la sala espositiva (sala Swan), la gioielleria vintage e contemporanea (sala Le Marché des Merveilles), la valigeria vintage (sala 1921 Rifondazione). 

Le creazioni tessili – dai foulard agli abiti, oltre alle calzature – “abitano” al primo piano, dove lo spazio è ripartito in stanze dai nomi suggestivi e potenti: solo per citarne alcuni, Orto di GioveThe Alchemist’s GardenSerapisAveugle par Amour… Infine, al secondo piano, troviamo la sala Façonnier des Rêves

A sorpresa una stanza delle meraviglie con gli abiti esposti in movimenti su binari per nascondere e proteggere gli abiti indossati sul red carpet che con un magico arcano appaiono in tutta la loro bellezza.

Palazzo Settimanni, al momento non aperto al pubblico ma solo ai dipendenti del brand per la formazione e i percorsi accademici, diventa così un palazzo della memoria, come dichiara Valerie Steele, direttore e curatore del museo del Fashion Institute of Technology, che ha collaborato al layout di alcuni degli spazi.

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