Moda

Mag 20 ROMA: LA NUOVA FRONTIERA DELLO SHOPPING

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Prima del Covid, il 70%  della popolazione del centro di Roma era costituito da turisti. Evaporati. La sparizione, riscontrata a Venezia e Firenze, ha colpito anche la Città Eterna.

 

Se volessimo vedere il bicchiere mezzo pieno, questo sarebbe il momento giusto per recarsi ai Musei Vaticani non appena riapriranno. Qui la gente affacciata ai balconi non c’è mai stata perché, già dai primi di marzo, era diventato un guscio vuoto. L’unico a suonare, anche sabato scorso, è stato Jacopo Mastrangelo, il ragazzo-chitarrista con terrazza da urlo su piazza Navona.

 

Il 18 maggio, giorno della riapertura, alcuni esercizi sono rimasti chiusi. Non è detto che il motivo sia la riorganizzazione del locale con le nuove norme di sicurezza.  I negozianti hanno esposto un cartello in vetrina: “ Senza aiuti non possiamo riaprire. Migliaia di dipendenti a rischio”. Siamo in molti a tifare per la ripresa dell’abbigliamento, delle botteghe di pelletteria e a quanto di meglio possa offrire il Made in Italy. Diciamolo però: nessuno rimpiangerà i punti vendita di paccottiglia e finti vetri di Murano. Nessuno si straccia le vesti per i limoncelli acidi e i fusilli tricolore.

 

L’ aver svenduto Roma al turismo da trolley si è rivelato un boomerang. Molte cose cambieranno e non sarà necessariamente una disgrazia. Le prime avvisaglie si notano al mercato di Campo dé Fiori. Sono rimasti i banchi migliori: frutta, verdura e i due fiorai. Sparite le bancarelle che proponevano volgari grembiuli- souvenir e magneti con il Colosseo rosa. “Bon Débarras” come dicono i francesi.

 

Siamo andati a parlare con artigiani, designer, commercianti nella doppia veste di giornalista e personal shopper. Chi scrive ha frequentato per quattro anni molti di questi esercizi accompagnando turisti, soprattutto americani, australiani, neozelandesi. Gente che non metterà piede a Roma per un bel po’.  Alberghi di lusso come l’Hassler sono chiusi a tempo indeterminato.

 

Da questa inchiesta sono venuti fuori alcuni punti fermi. Se la caverà chi, in questi anni, non si è rivolto solo ai forestieri , ma ha coltivato la clientela romana. Stanno andando bene gli alimentari tradizionali e le “pizzicherie” (a Milano li chiamate salumieri). In questi due mesi ci sono tornati in tanti anche perché si fa poca fila.

 

Persino Fiorello ne ha parlato. Sta funzionando il negozio di prossimità in ogni sua forma. Se parliamo di moda, di prêt-à-porter, il discorso  non cambia. La borghesia romana è sempre andata da Cenci in via di Campo Marzio, a pochi passi dalla Camera dei Deputati. Moda uomo (molti marchi sartoriali come Canali) e donna. Non solo Etro, Emilio Pucci, Giorgio Armani ma anche di nicchia come Maliparmi o Momonì . La zona scarpe va dal casual al formale. Tod’s  e Church’s ma anche  le espadrillas  di Castañer.  “La prima volta che ci riporta una cliente americana stappiamo una bottiglia di champagne” mi dice Giacomo Cenci, uno dei proprietari. Diverse persone lo hanno chiamato per sapere se erano disponibili le taglie grandi dopo i chili accumulati in quarantena.

 

In via del Corso niente folle oceaniche. Piazza di Spagna quasi vuota. In una piccola boutique di calzature, vicino a piazza San Lorenzo in Lucina, una cliente si prova i sandali con il piede nudo. Non va bene ma è anche vero che infilarli con la calzetta ne modifica la taglia. Inoltre non si capisce se la pelle è morbida. Forse lo intuiremo al tatto ma se poi portiamo i guanti? E se invece ci mettiamo sulle mani il gel rischiamo di macchiare le calzature? Tutto complicato. Col tempo ci faremo l’abitudine.

 

L’unico negozio dove, pur facendo tre ore di passeggiata, ci prendono la temperatura ( 36°.3) è Cos in via Borgognona. E’ uno dei punti-vendita più affollati per il buon rapporto qualità-prezzo. Anche in questo caso è una classica meta di romani e soprattutto romane.

 

Altro posto gettonato è la Nespresso in via Frattina dove, assicurano , ben dodici persone si erano messe in fila alle 11 di mattina del 18 maggio. Qui è un po’ come il parrucchiere o l’estetista. Si tratta di un bisogno quasi primario. Gente rimasta senza capsule che non ne può più del caffè nella moka. Poco più avanti un negozio di elettronica, Magia, al numero 15, vende mascherine di cotone a dieci euro. Anche qui un via vai continuo ma è una eccezione.

 

Ci spostiamo in via del Babuino. Da Tiffany, i commessi hanno la mascherina da chirurgo azzurra, in tinta con le celebri scatole della Maison. Di fronte, da Etro, la commessa indossa un modello paisley. “Arrivano tra qualche giorno. Provi a ripassare” garantisce. All’inizio di via Margutta un incontro con Giuseppe Petochi, orafo-gioielliere tra i più noti. Dalle Case Reali in giù. Realizza  orecchini e anelli one of a kind, inoltre modifica i gioielli della nonna che non ti metti più. E’ al passo con i tempi e non solo in fatto di gioie. Ha comprato uno sterilizzatore a raggi ultra violetti adatto a sanificare i monili prima e dopo averli provati. Parlando dei problemi della città ci spiega che molti negozianti sperano che non venga rimessa la ZTL a fine maggio in modo da favorire l’arrivo dei romani da altri quartieri. In Comune, a quanto si è capito, stanno decidendo. Si discute anche sulla possibilità o meno di fare sin da ora saldi e promozioni.

 

Uscendo dal centro storico facciamo una riflessione. Chi ha una boutique in una zona residenziale, potrebbe essere favorito. Assorbirà meglio lo choc visto che ha sempre contato sulla clientela di zona. Siamo andati a trovare la stilista Serena De Fiore nel suo atelier-boutique a pochi passi da Villa Ada. Caban stampati, pantaloni ampi, gonne di seta verde muschio. Per quindici anni tra Roma e Parigi con la sua Slow-couture. Da lei comprano soprattutto professioniste che non vogliono un capo in serie. Vengono dalla ricca zona di Roma Nord: Parioli, Camilluccia, Corso Francia, Olgiata e cc… Tipe che guadagnano bene e non rinunciano a quel guizzo di seta arancione, allo spolverino maculato fatto in laboratorio in poche taglie. Serena De Fiore, pochi giorni prima della riapertura, ha scritto personalmente alle clienti facendo sapere che ha sanificato l’atelier. In bella mostra la vaporella a cento gradi per igienizzare gli abiti. Riceve una cliente alla volta. Uno shopping dedicato con la stilista. Ed è questa la nuova frontiera.

 

 

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