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Lug 13 SE L’AUTO È UN CAVALLO DI TROIA

L’aitante attore americano David Hasselhoff, prima di interpretare il ruolo del “superbagnino” Mitch circondato da avvenenti collaboratrici in costume da bagno rosso (una tra tutte, Pamela Anderson) nella serie televisiva “Baywatch”, era noto al pubblico televisivo per essere stato protagonista della serie “Supercar”. Qui, impegnato nella lotta contro il crimine, faceva coppia con la sua automobile KITT. Essa era dotata di un’intelligenza artificiale che la rendeva una vera e propria co-protagonista (del resto la serie è intitolata a lei), in grado di colloquiare con David (nel ruolo di Michael) e di prendere decisioni autonome riuscendo spesso a trarlo d’impaccio grazie ai suoi superpoteri. Si era negli anni 80 e anche se la tecnologia stava entrando nella vita ordinaria di molte famiglie, le avventure di Supercar erano chiaramente circoscritte al mondo della fantasia. Le automobili dell’epoca non erano certo in grado decidere autonomamente e neppure di “suggerire” come il guidatore deve comportarsi soprattutto, ovviamente, ai fini della sicurezza di guida. Qualche spia o qualche suono avvisava se il combustibile entrava in riserva, se il motore si stava surriscaldando, se era rimasta una portiera aperta, se avevi dimenticato di allacciare la cintura o se ti stavano rubando la macchina. Si diffondeva allora l’ABS sotto il nome di “frenata assistita” o “antibloccaggio” ma le auto, a parte che per questo utilissimo sistema, assomigliavano più alla mitica Ford T che alla futuristica KITT.

Oggi, direi che siamo a metà strada e forse anche più in là, se consideriamo quanta intelligenza artificiale si trova a bordo dei modelli più costosi. L’automobile “parla” quando è in funzione il “navigatore di bordo” cui è stata comunicata la meta da raggiungere e indica il percorso più corto o il più veloce o il più economico secondo la scelta del guidatore, e propone percorsi alternativi se nasce un intoppo o si è involontariamente finiti fuori rotta. Essa è in grado di parcheggiare da sola ed è addirittura capace di imporre la propria volontà rifiutandosi di partire se avverte che il guidatore è affaticato o comunque privo dei riflessi adeguati. Se cade in mano ai ladri, lancia i segnali utili per farsi individuare e può anche compiere il più bieco dei tradimenti (fare la spia per i vigili) qualora sia dotata della “famosa” scatola nera che registra la velocità con cui si è attraversata un’area soggetta a limiti restrittivi. Oggi, che il computer di bordo è “agganciabile” allo smartphone e al PC, è sorta la preoccupazione che incorpori nella “memoria” un gran numero di dati sensibili e di coordinate personali (magari bancarie) cui qualsiasi malintenzionato può accedere quando la vettura è consegnata alle officine o è venduta o avviata alla demolizione. Ma c’è di peggio: sulle vetture dotate di “guida automatica” qualsiasi intrusione nel computer di bordo da parte di specialisti della pirateria informatica (gli hacker) può sconvolgere le impostazioni di base e indurre l’auto a un comportamento anomalo; si riferisce che gli hacker siano riusciti a far compiere un’inversione di marcia “involontaria” a una Tesla Model 3. Sia come sia, Elon Musk, amministratore delegato della società, ha indetto un concorso annuale sfidando i concorrenti a “violare” il cervello elettronico delle sue vetture offrendo in premio un’automobile e fino a 700.000 dollari. Per la cronaca, l’anno scorso il premio fu assegnato a due tecnici che ci riuscirono, il che conferma che il pericolo esiste. In conseguenza di ciò, Tesla ha preso le contromisure aggiungendo ulteriori protezioni alla logica di bordo e proponendo, per mille dollari, la sostituzione del software del computer di bordo delle auto circolanti con uno aggiornato e dotato di ulteriori funzioni. I pezzi ritirati, vanno sul mercato virtuale degli specialisti dell’elettronica ed è appunto qui che qualcuno vi ha letto i dati degli scorsi proprietari, che Tesla (sempre lei nel bene e nel male) aveva trascurato di cancellare.

 

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