La metamorfosi industriale del settore auto non passa solamente dai motori a combustione a quelli elettrici, è in atto un cambiamento che riguarda la fornitura di componenti finora ricercati in paesi lontani, ora già calata, del 22%, secondo uno studio di Capgemini (leader mondiale, supporta le aziende nel processo di trasformazione), a cui potrebbe aggiungersi un ulteriore 19% nei prossimi due anni. In pratica si ritorna al modello organizzativo degli 60 inventato da Toyota che prevedeva di ridurre i tempi morti, attraverso un sistema flessibile, capace di adattarsi alle esigenze dei vari mercati. Nel 2021 con la presentazione della Toyota New Global Architecture, una piattaforma studiata per comprimere i costi (almeno del 20%) di progettazione e produzione di una vettura, una moltiplicazione realizzata su una stessa base tecnica per facilitare anche i rapporti con i fornitori. Oggi tutti i costruttori hanno un solo obiettivo strategico, riportare almeno il 75% della catena di approvvigionamento accanto alle fabbriche, per non subire pressioni politiche e il rallentamento della disponibilità delle materie prime. Gli europei hanno già ridotto di un quarto le forniture che provengono da nazioni lontane, anche se costano di più di quanto offra la Cina. Come contropartita controllano una miglior gestione del rischio, i futuri regolamenti che sono volti a limitare l’impronta di carbonio in tutta l’economia circolare, ridurranno il divario nel futuro. L’European Chips Act (Eca, la legge europea sui semiconduttori), come il suo equivalente americano, mira, a rifornirsi localmente di semiconduttori, indispensabili in un’automobile e vuole raddoppiare la quota di mercato dei produttori del nostro Continente portandola dal 10 al 20% della produzione mondiale. Bosch ha già da tempo annunciato che avrebbe investito 1,2 miliardi di euro in un impianto, in Germania, dedicato ai semiconduttori ed ai sensori. Intel( multinazionale americana) ha stanziato , sempre in Germania, 30 miliardi di euro per costruire chip. Gli Stati Uniti seguono questa tendenza, le importazioni dalla Cina sono calate, dalla primavera scorsa, del 24%, beneficiando il Messico, prescelto dalla maggior parte degli industriali stranieri. Grazie a questo trasferimento si potrebbero evitare almeno il 60% dei costi generati dalle interruzioni logistiche, come quelle subite nel 2022. Una strategia che potrebbe anche rallentare l’ingresso dei marchi cinesi che iniziano a riconoscere che non sarà così facile guadagnare quote di mercato in Europa. In Usa, attualmente, quasi nessuna vettura proveniente dal paese del Dragone sbarca a causa dei dazi del 25% imposti sulle importazioni provenienti dall’oriente. In contro partita diverse start-up di Pechino si stanno muovendo per concretizzare partnership con i costruttori occidentali: Volkswagen ha concluso un’alleanza con Xpeng, il gigante Byd dice di essere aperto ad ogni rapporto, lavorando già con Mercedes e Toyota, Stellantis sta pensando di avviare una collaborazione con il produttore di veicoli elettrici Leapmotor, Renault ha un accordo con Geely ( controlla Volvo, Polestar e Lotus) per i motori ibridi e termici ma ha creato la sua divisione Ampere per veicoli elettrici.