Moda

Ott 06 VALENTINO: LA METAFORA DELLE LUCCIOLE

di Cristiana Schieppati

Alessandro Michele consegna a Parigi la sfilata Fireflies di Valentino che è insieme rito poetico, riflessione politica e dichiarazione d’amore alla bellezza fragile.

“Fireflies” non è solo una collezione: è un manifesto. Dopo gli anni di esplosione visiva e sperimentazione barocca in Gucci, Michele riemerge in Valentino con un linguaggio più contenuto, più introspettivo, ma altrettanto visionario. Fireflies, le lucciole è un omaggio alla luce che resiste nell’ombra, ispirato a una lettera di Pier Paolo Pasolini in cui le lucciole diventavano metafora di speranza durante la notte della guerra. Michele fa sua quella visione: in un tempo di rumore e smarrimento, ci invita a guardare di nuovo ciò che brilla piano.

La sfilata, ambientata all’Institut du Monde Arabe di Parigi, si apre con il buio. Una voce, quella di Pamela Anderson, recita versi tratti dal testo pasoliniano. Poi, lentamente, arrivano le luci. Non fari, ma riflessi. Piccole scintille che si muovono come lucciole su abiti e volti. Le modelle avanzano su una passerella che sembra un giardino notturno. I tessuti – chiffon, voile, organza, pizzo – si muovono come se respirassero. Gli abiti sono quasi immateriali, ma capaci di costruire un corpo nuovo, una presenza morbida e potente insieme.

In un momento storico dominato dall’eccesso, “Fireflies” sceglie la misura, la poesia, l’ascolto. È un invito a rallentare, a riconoscere il valore dell’imperfezione, del dettaglio, della luce che non abbaglia ma consola. Michele non rinnega la sua estetica, ma la fa maturare: il barocco si fa spirituale, l’ironia diventa preghiera.

Alla fine dello show, le luci si spengono. Rimangono solo le lucciole. E in quell’immagine semplice, un battito di luce nel buio, si racchiude il senso profondo della collezione: la bellezza come atto di resistenza.

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