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Feb 07 LA CENSURA DEL BUON SENSO

di Carlo Sidoli

Quando Alessandro Manzoni, affermò che, a suo parere, alle basi dell’opera narrativa ci dovrebbero essere “l’utile, il vero e l’interessante” era animato da profondi sentimenti moralistici. Gli argomenti dovrebbero dunque risultare credibili e appassionanti e spronare i lettori (oggi, più comunemente, spettatori) a diventare più buoni. Sottoposte a questo genere di critica, gran parte delle opere televisive attuali diventa merce di scarto. Abbiamo tutti in mente le scene di violenza e di volgarità che sono alla base dello stile narrativo attuale, per aggiungere che esse sono quasi esclusivamente “a usum” del genere maschile, in questa società che si vorrebbe paritetica. Qualcuno dirà che si stava meglio quando c’era la censura, che proibiva la rappresentazione di scene o espressioni palesemente erotiche o decisamente volgari. Meglio rendersi conto che questo tipo di censura (diciamo così “pruriginosa”) esiste ancora oggi ed è più forte che prima, solo che alle vecchie regole è stato semplicemente anteposto un segno “meno” (in senso matematico). Nel cinema “commerciale” (fatto per portare a casa soldi) vige dunque l’obbligo della parola volgare ogni tot minuti di programmazione, dell’atto erotico non più “sfumato” almeno una volta tra un’interruzione pubblicitaria e l’altra, della protagonista sempre e instancabilmente disponibile e vogliosa (mai “disturbata” da esigenze fisiologiche); meglio se circola anche un po’ di droga, così si sostiene l’economia dello spaccio e il film si guadagna la caratteristica di “denuncia sul piano sociale”. Molti la chiamano “commedia all’italiana” facendo rigirare nelle tombe i nostri cari registi come Fellini, Risi, Scola, De Sica eccetera. A proposito, se volete convincervi dell’evoluzione verificatasi, mettete a confronto il padre e il figlio e “godetevi” lo spettacolo. Finisce che per “sottrarsi” senza dover spegnere lo schermo, il telespettatore può scegliersi argomenti più tematici, come la storia, la natura, la tecnica, l’arte, l’attualità, eccetera. Ma anche così non si è garantiti dal rischio di assistere a uno spettacolo di bassa qualità perché è in atto la tendenza a infarcire i “servizi” di banalità, di immagini ricostruite e di continue interviste a personaggi strani del tipo “scienzato-ricercatore” e “testimone-oculare”, alla base del cui vocabolario abbondano avverbi come “incredibile” e “assolutamente”. Il conduttore-esperto-scopritore, sempre in primo piano, arrancante per gli impervi sentieri e lungo i cunicoli degli scavi, trasforma la puntata in un reportage su se stesso e quanto gli tocca faticare per il nostro piacere: non importa, egli ci ama e ce lo dimostrerà anche in futuro. Va di moda il filone dell’inchiesta sui disastri aerei, dove gli attori (che sostituiscono i protagonisti deceduti nell’incidente) si agitano e urlano per rendere credibili scene terrificanti di cui nessuno è stato testimone. Quando poi, ad esempio (nel filone “storico”), si vogliono “sceneggiare” le imprese napoleoniche, l’”imperatore”, per atteggiamenti, sartoria e frasario diventa, inevitabilmente una macchietta da ospedale psichiatrico. Insomma, il “sistema” prevarica il racconto: occorre un qualsiasi avvenimento, un nugolo di esperti, truccatori, attori e cascatori, balle a raffica, supremo disprezzo della Fisica da scuole medie (da cui strane espressioni come “tonnellate di potenza”) e allo spettacolo ci pensano loro. Poche sere fa l’ultimo esempio con la notizia di un crollo, filmato, di un ponte. Allora via con la solita programmazione: tavolo di lavoro, gruppo di esperti, gruppo di testimoni oculari, “brainstorming”. Prima ipotesi “terremoto”, ma le verifiche statiche su modellino appositamente realizzato e il fatto che nessun sismografo in zona ne avesse registrato uno, convince persino il dottor Watson. Seconda ipotesi “tempesta tropicale”, nuova verifica su modellino e soprattutto conferma di “calma piatta” pervenuta dall’ufficio meteorologico la fanno scartare (non senza ponderata riflessione, viaggi in loco, testimonianze). Terza ipotesi “rottura strutturale”. E, infatti, un genio investigativo, analizzando da casa il filmato, scopre che al passaggio di un autocarro cedono prima alcuni tiranti e poi tutto il resto. Anche questo “mistero” è stato risolto (quasi) subito. 

Una risposta a “LA CENSURA DEL BUON SENSO”

  1. Enrico De Vita ha detto:

    Grande Carlo, questa volta ti sei superato! Con un coraggio raro di questi tempi e con una prosa elegante da far invidia, hai messo in ridicolo il dilagare di trasmissioni radio e tv che davvero lasciano l’amaro in bocca. Tutt’altro che istruttive, spesso banali, con linguaggio e scene considerate “politicamente corrette”, sono la fotografia, purtroppo fedele, della cultura e della società attuale. Con alcune eccezioni.

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