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Gen 18 OMAGGIO A RUDOLF NUREYEV: il 6 gennaio 1993 moriva “il divino” a Parigi. Un’intervista in cui raccontava la sua Russia, i suoi incontri e la moda: io compro Versace.

di Maria Vittoria Alfonsi

L’appuntamento con lui, “il divino”, è al Teatro Filarmonico di Verona, per le 10.30 del mattino, di una giornata estiva del 1991. Vi sono le prove del balletto “Morte a Venezia”.

Il “divino” -definito anche mito, carico di carisma e di sex appeal. Coltissimo, ispiratore di film, romanzi e moli racconti: ma anche irasciibile, scontroso, impulsivo, maleducato (soprattutto dopo una lite che -avvenuta pochi giorni prima- si disse fosse terminata con un calcio al fondo schiena del brasiliano De Almeida).

In jeans e camicia da uomo, una piccola borsa a tracolla con registratore, taccuino e pennarello , lo attendo con particoare curiosità, pronta a…difendermi. In tuta da prove, sorridente lui arriva: puntualissimo, mi strnge la mano e -per non essere disturbati- mi conduce in un angolo del retropalco, dove ci sediamo su una cassa. Dov’è il “divino-scontroso”?

Dopo presentazione e primi convenevoli, comincia l’ntervista. Con una persona -non personaggio!- simpatica, disponibile, spiritosa, brillante. Cha va oltre le domande che gli rivolgo, inarrestabile, in una lunga conversazione punteggiata da risate. Di lui, Rudolf Nureyev.

-Ho sentito che ha fatto molti sacrifici, da giovanissimo, per dedicarsi alla danza.

“Non posso chiamarli sacrifici: per me danzare era la vita, necessaria come l’aria da respirare. Sacrifici…forse, perché ho dovuto aspettare 11 anni per entrare alla scuola di danza. Non posso dire grazie ai russi, a Krusciov: io, da solo, ho trovato me stesso. Sì, ho lavorato la sera, con un martello, da un calzolaio e due volte alla settimana ho insegnato danza folkloristica. Con i soldi guadagnati sono andato a scuola, a Leningrado- Ho trascrso anche sei anni di “primavera cecoslovacca”, quando c’era Dubcek….adesso è caduto, c’è un abisso.

La danza, come certe forme dell’arte più pura, non ha età, non ha limiti. Ci si può basare più sull’interpretazione che sulla tecnica: la forza interpretativa può dare moltissimo. Un grande danzatore cinese ha fatto spettacoli straordinari fino a 85 anni…si deve possedere il fluido, all’interno di noi: se lo si possiede , la danza funziona; altrimenti, non funziona nemmeno quando si è giovani”.

Come la vedono, oggi, in Russia? Come l’hanno accolto, quando è ritornato?

Veramente per me, in Russia, esistono soltanto Leningrado e il  Teatro Kirov, dove ho studiato. Nei ballerini che trent’anni fa hanno studiato con me, per tutto questo tempo c’è stato il dilemma: lui ha sbagliato, uscendo dalla Russia, o ha fatto bene?  Un dilemma durato trent’anni…ci pensa?  Finalmente li ho incontrati, e alla fine mi hanno detto: bravo! Tu hai fatto bene, hai avuto ragione: hai potuto esprimerti con la danza nel modo migliore, dappertutto..” .Poverini, non sono pronti per la perestroika! Credo cha anche Gorbaciov  non sia preparato : ha aperto la scatola di Pandora senza avere la necessaria preparazione”.  

-In Russia, però, mi sembra vi sia sempre una grande cultura del balletto, come da noi per l’opera lirica.

“Ora è un  po’ decaduto: voi, con l’opera, fate operazioni culturali, di scambio, anche con altri Paesi. Ora c’è questa apertura, ma non arrivano ballerini da fuori, i coreografi sono limitati”.

Dicono, anche, che lei ha reinventato la danza.

Non lo so! Spero di aver fatto una danza interessante, affascinante, intrigante: senza perfezione, perché mai la si raggiunge”

Si parla anche di carisma, di sex appeal…

Vorrei vedere qualcuno -risponde, ridendo- senza sex appeal in scena! E’ indispensabile, ce n’è bisogno. Una persona che balla in scena, che fa spettacolo, deve possederlo il sex appeal: per far presa sul pubblico”.

Quali consigli darebbe ai giovani danzatori d’oggi?

 Per prima cosa vedere e provare tutto: anche se non eccellono in uno stile, possono trovare quello più consono a loro. Occorre una grande conoscenza della danza, in tutte le sue accezioni. E per un coreografo è più facile insegnare, lavorare, indirizzare”.

Ma sono indispensabii anche passione, forza di volontà, e quello che lei definisce “il fuoco dentro”, non è vero?

 Veramente! Senza questa doti non devono avvicinarsi al teatro.”  

-Pochi giorni fa era a Napoli, dove ha ottenuto un gran successo con “Cendrillon”.

“Sì, è andato molto bene. Peccato vi siano state poche repliche”.

Ora sta per andare un scena con la prima mondiale di “Morte a Venezia”. Non è particolarmente faticoso doversi calare in brevissimo tempo da un personaggio all’altro, così diversi?

“Tutto è faticoso, sempre! Ma per me è sempre molto affascinante., stimolante, interpretare personaggi così diversi; ed ora  lavorare con un coreografo come Flemming Flincht, e in questi vecchi anni (Nureyev ne aveva 53! n.d.r.) trovare ancora tanta volontà, tanto entusiasmo  in me stesso!”.

-Ha visto il film di Visconti?

Oh, sì! Lo vidi alla “prima”, e  lo amai molto. L’ho rivisto tre mesi fa, e l’ho trovato “sciupato”, non così bello come lo ricordavo”.

Trova differenze fra libro, film e balletto?

Tante! Spero che noi, col balletto si sia riusciti a trofare una piccola metafora che leghi con questa storia, interpretandola come la vedeva lo scrittore. Ed è difficile, in breve! Di ispirazione filosofica-greca. .. Thomas Mann non amava molto gli altri…” dice, ridendo.

-Lei, ora, danza a Verona; viene dal Carlo di Napoli, ed a quanto so andrà poi a Parigi. Ma io l’ho vista danzare anche in un anfiteatro come l’”Arena”. Quale differenza emozionale prova nell’affrontare il pubblico di un teatro e quello di un anfiteatro?

Oh! C’è questo enorme animale -20mila persone!- che come una tigre ti sofia sul collo. Quand0 ci si trova  davanti a questi grandi spazi con migliaia di persone che, contemporaneamente, possono applaudirti o fischiarti è emozionante, ti provoca una scarica di adrenalina speciale. Sì, tornerò in Arena ad agosto con “Giulietta e Romeo”, Frigerio ne curerà la nuova scenografia. Poi andrò a Parigi”.

Qual è stata la sua partner ideale?

A vent’anni, al Kirov, avevo già ballato con 11 ballerine! Poi, a Parigi, ebbi bravissime partners…Soprattutto, sono stato molto fortunato nell’incontrare Margot Fontaine: dovevamo fare una grande stagione a New York, ma avrei preferito Londra: e da Londra Margot mi telefonò, la raggiunsi subito – e siamo rimasti assieme per 16 anni”.

A proposito di Londra, so che è amico delle sorelle Bouvier, particolarmente di Lee.

Ho iincontrato prima Jacqueline Kennedy a New York, poi Lee a Londra, dove abitava: aveva una casa bellissima , un giardino stupendo: ero frequentemente suo ospite. Lei ora lavora con un grande stilista italiano  (era Valentino! n.d.r.). Fa bene,, è sempre meglio lavorare”.

-Lei conosce la moda italiana?

Io compro sempre Versace, Missoni; mi piace molto Ungaro: anche se lavora in Francia è italiano, ha questo senso dei colori stupendo”.

Sto per rivolgergli un’altra domanda, quando mi dice “aspetta, aspetta” (è passato al “tu”!)  e con un balzo, cui segue un corsa da gazzella, esce dal retropalco, lasciandomi sulla cassa che -nel frattempo- deve essere spostata dagli attrezzisti. Dopo pochi minuti ritorna con una grande sacca: la apre e, non senza mio stupore, mi mostra alcune paia di scarpe.  

Vedi? Le calzature sono importantissime! Molto, molto! Ricordo che Margot si recava da un bravissimo calzolaio italiano che aveva realizzato le calzature per la Pavlolva, poi per lei: bellissime, leggere; quando lui è morto, lei diceva: devo lasciare la danza, perché non ci sono più scarpe…Comunque. Ballò ancora. No, non ricordo il nome del calzolaio…”

Vedi, certe scarpe mi durano venti anni, se sono fatte bene, se i lacci sono buoni durano tanto tempo: queste sono per “Il lago dei ciigni”, queste per “La bella addormentata…Le porto sempre con me: mai le lascio, nemmeno in aereo: devo essere sicuro di averle vicine, senza scarpe (le “mie” scarpe!) non posso ballare”.

-Fra i tanti costumi dei tuoi balletti quali ti hanno “vestito”, non soltanto esteticamente? Quali hai sentito come un seconda pelle?

“Francesca Squarciapino (moglie di Frigerio)  mi ha creato bellissimi costumi. Purtroppo non ho lavorato con Lila de Nobili: è bravissima”.  

Mi parlavi della casa di Lee Bouvierr. Ma so che tu hai una casa a New York, una a Parigi, ed hai comprato “l’isola dei Galli” /che fu di Leonide Maxine) , di fronte a Positano.

“Vivo lì, anzi provo a vivere lì perchè ancora niente è pronto! Amo molto l’Italia, la sua atmosfera mi è congeniale, mi trovo bene con gli italiani, col loro spirito. Possono esserci anche italiani cattivi, ma hanno sempre il sorriso, l’anima che palpita. E c’è il sole! E poi la grande arte. Anche in un piccolo  villaggio puoi trovare belle piazze, ben proprorzionate, con bei colorie e  chiese con bellissime pitture: speiamo che l’Italia non cambi, chevi costruiscano orrende case “moderne”. La costa amalfitana  è stupenda. Ma tutta l’Italia è bella, c’è sempreb qualcosa da vedere, da scoprire, che ti riempie di gioia e serenitàl’occhio, l’anima, il cuore.

A Parigi abito in Quai Voltaire, vicino al Louvre: vedere l’acqua della Senna mi piace, è molto distensivo”.

Grazie, Rudolph! L’interviista è terminata.

Così presto?  Ti aspetto alla prima. E poi all’Isola, ed a Parigi. Devi venire!”

Chiudo il registratore, rimetto tutto nella piccola borsa.

***

Volutamente, non gli chiesi della sua vita privata, di sue reali o presunte relazionii “segrete”: il gossip lo lasciavo ad altri.

Purtroopo, non  mi fu possibile assistere alle sue ultime rapprsentazioni: il lavoro mi chiamava altrove.

Dopo più o meno 18 mesi, il 6 gennaio del ‘93, Rudolf Nureyev morì, a Parigi.

Una risposta a “OMAGGIO A RUDOLF NUREYEV: il 6 gennaio 1993 moriva “il divino” a Parigi. Un’intervista in cui raccontava la sua Russia, i suoi incontri e la moda: io compro Versace.”

  1. Enrico Maria Albamonte ha detto:

    Bellissima, grande penna!

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