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Mar 01 PECUNIA NON OLET

di Carlo Sidoli

Se v’interessa sapere cos’è il “Paradosso Norvegese” vi capiterà di leggere, consultando un “motore di ricerca”, che si tratta di un esperimento che, dopo anni di sperimentazione “gender”, pare abbia dimostrato che la differenza trai sessi non è semplicemente di ordine fisico. In altri termini, maschi e femmine ragionano in modo diverso. Vero o falso? Non ci interessa saperlo in questa sede, tranne il fatto che, in conseguenza di questa “scoperta”, il governo norvegese dal 2011 ha sospeso le sovvenzioni al Nordic Gender Institute. Lo stesso governo scandinavo si è trovato recentemente (fine 2020) a prendere decisioni al riguardo di un secondo “Paradosso Norvegese” meno noto, ma altrettanto, se non più importante, di quello sul finanziamento statale dell’ideologia “gender”; e anche in questo caso si tratta di “soldi contro ideologie”. Solo che, anziché di risparmiare con una spesa in meno, relativamente modesta, ora si è trattato di decidere se era il caso di rinunciare a un guadagno di proporzioni enormi. Per farla breve, molti sostenitori della linea ambientalista, preoccupati del progressivo e apparentemente inarrestabile inquinamento e surriscaldamento del pianeta si sono chiesti: “È giusto e lecito che la Norvegia, paladina anche a livello costituzionale della tutela del territorio, continui ad alimentare le proprie finanze con la vendita del petrolio?”. I giovani (che sono la maggioranza dei contestatori), dando sfogo al loro innato entusiasmo per rimettere in discussione molte consuetudini date per scontate, sono arrivati a condensare il concetto nello slogan “la Norvegia esporta inquinamento”. Che il Paese scandinavo sia “pulito” al suo interno è un fatto assodato. Lo è da molto tempo, se consideriamo che tutta la sua energia elettrica proviene da fonti rinnovabili di tipo idroelettrico (dighe), quindi ben precedenti allo sviluppo dei pannelli fotovoltaici e delle pale anemometriche. Lo è in modo ancora più evidente da quando porta il fiore all’occhiello del primato della mobilità elettrica, con oltre il 50% di auto di nuova immatricolazione a “zero emissioni” (Audi e Tesla in testa alla classifica). Quindi nessun consumo di petrolio e derivati nelle abitazioni (si usa per la climatizzazione soprattutto il sistema a “pompa di calore”, che richiede energia elettrica) e nelle strade dove circolano sempre meno automobili con motori a combustione interna. D’altro canto quasi tutto il benessere della Norvegia viene dall’esportazione del petrolio e del gas di cui il territorio è ricchissimo, al punto di rivaleggiare con i Paesi Arabi e con la Russia. In verità si può dire che l’unico petrolio che la Norvegia utilizza per produrre energia è quello necessario all’attività dei pozzi di estrazione, un’operazione “a circuito chiuso”. È giusto dire che esportare petrolio significa esportare inquinamento? Si vorrebbe dire che un atto riprovevole e malvagio come liberarsi dei rifiuti buttandoli a mare o scaricandoli nelle spiagge dei Paesi sottosviluppati o nascondendoli sottoterra a inquinare le falde è equivalente a vendere energia sotto forma di idrocarburi a chi, dopo tutto, ne fa richiesta? Guardiamo innanzitutto alle leggi internazionali. Il famoso protocollo di Kioto del 1997, piaciuto a tutti e ratificato da quasi tutti, contiene un principio che non è stato contestato da nessuno: responsabile dell’inquinamento è il Paese che usa il petrolio (e derivati) e non quello che lo produce e lo esporta. Tuttavia, in coscienza, sappiamo tutti che solo riducendo il consumo dell’”oro nero”, soprattutto in modo pessimo dal punto di vista delle emissioni (come spesso accade), il pianeta troverebbe giovamento alla sua funzione di conservare la Vita senza trasformarsi e diventare una copia di Marte. Il governo norvegese, dopo un ampio dibattito che ha appassionato l’opinione pubblica (quanto quello sui “gender”) e non senza vivaci contrasti, ha deciso di mantenere il “Paradosso” e seguiterà a vendere il petrolio e a ricercare nuovi giacimenti; agli importatori e consumatori il compito di usarlo con le dovute precauzioni. Pecunia non olet, diceva Vespasiano imperatore.

Una risposta a “PECUNIA NON OLET”

  1. Carlo Sidoli ha detto:

    come mi si è fatto giustamente notare ho usato impropriamente il termine “pale anemometriche” in luogo di “pale eoliche”. Infatti tutte le pale anemometriche sono eoliche ma non vale il viceversa.

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