“Non esiste alcun piano allo studio che riguardi piani di fusione con altri costruttori”, questa secca smentita è stata fatta all’Ansa dal presidente di Stellantis, John Elkann. Le sue parole vogliono forse anche zittire le tante, pronunciate nei giorni scorsi, dal ceo di Stellantis Carlos Tavares, a cui non tocca decidere se e con chi fondersi, poiché solo la proprietà è preposta per farlo. Il silenzio da parte di Renault, per la precisione del ceo Luca de Meo, ha un profondo significato, chi dovrà stabilire se e come i due gruppi francesi dovranno consolidarsi, se mai sarà il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron che potrebbe essere l’unico regista dell’operazione. Lo Stato francese è presente nell’azionariato di Stellantis con una quota del 6,4%, in Renault detiene una partecipazione ancora più importante, del 15%. Il segretario di Azione, Carlo Calenda ha chiesto a Elkann di spiegare “in modo esaustivo e dettagliato quali piani vi sono per gli investimenti, le fabbriche e l’occupazione nel nostro Paese. Assicurazioni che aveva dato quando serviva la garanzia dello Stato e che sono state smentite da Tavares.” Il manager portoghese ieri è stato anche messo a tacere dal primo Ministro italiano, Giorgia Meloni che dal Giappone ha giudicato “bizzare” le richieste di incentivi all’Italia da parte di una società straniera che produce all’estero. Inoltre le auto con i nostri marchi nazionali che hanno diritto all’Ecobonus 2024 sono veramente pochine: le due Jeep – Renegade e Compass – prodotte a Melfi con la Fiat 500 X, la Fiat Panda costruita a Pomigliano d’Arco, la Fiat 500e e la Abarth 500e che escono entrambe da Mirafiori. Presente nella lista anche l’Alfa Romeo Tonale, assemblata nello stabilimento napoletano. Ci ha pensato anche il ministro dei Trasporti e vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini ad esprimere la sua disapprovazione: “Con tutto quello che agli italiani è costata la Fiat, l’attuale Stellantis è l’ultima che può imporre, disporre o minacciare. Lo Stato ci è già entrato 18 volte con i soldi dei cittadini, io sono per il privato ma è troppo comodo fare il privato come lo hanno fatto questi signori che poi hanno trasferito soldi e stabilimenti all’estero, con l’Italia hanno poco a che fare”. Sempre ieri, in concomitanza, il costruttore francese ha deliberato sette settimane di cassa integrazione proprio nel già disastrato sito di Mirafiori, sulle linee della Fiat 500 Bev e Maserati. Immediata la reazione dei sindacati, il segretario della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano ha chiesto di “assegnare un altro modello di largo consumo alla fabbrica torinese e di anticipare i lanci produttivi dei modelli Maserati”. Questo ultimo brand potrebbe essere assorbito dalla Ferrari per creare quel polo del lusso e dell’alto di gamma con il Cavallino che potrebbe fungere da vera punta di diamante, un’idea che dieci anni fa era già venuta a Sergio Marchionne. Un’ultima considerazione riguarda i due amministratori delegati chiamati in causa, da una parte Carlos Tavares sempre sul piede di guerra, accollandosi quasi una posizione da potenziale leader di tutto il settore, prima della sua uscita di scena che dovrebbe avvenire alla fine del 2025, a 67 anni. Dall’altra troviamo l’italiano Luca de Meo che annuncerà il 15 di febbraio i migliori risultati della storia di Renault, mantenendo un profilo sempre rispettoso delle regole, senza proclami né congetture. Questa è classe.
Siamo all’assurdo! Un italiano, bravissimo, porta un’azienda francese ai vertici ed un portoghese affossa le aziende italiane….mah!?!? E pensare che l’Italia ha insegnato al mondo come si fanno le belle auto😢